Afghanistan: come sempre, “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur”

Mario Draghi ha cercato di metterci una pezza, violando la sua tradizionale ritrosia a presentarsi davanti alle telecamere. Forse non poteva fare altrimenti, di fronte alle figuracce in serie collezionate dai suoi ministri Di Maio, Lamorgese e Guerini sul ponte aereo per cercare di salvare la vita agli afghani che hanno collaborato con noi in questi vent’anni. Ha chiamato eroi i nostri 53 caduti, ha promesso il massimo impegno, ma non ha convinto nessuno.

A Herat i talebani hanno iniziato i rastrellamenti (soprattutto delle donne) casa per casa e i trecento tra interpreti e familiari, stanno ancora lì, ostaggi in preda al terrore. È la solita Italietta che riesce a dare il peggio di se’ quando si tratta di mantenere per tempo le promesse. Ancora una volta, vale la vecchia citazione di Tito Livio: “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur”.

Basta sostituire Sagunto con Kabul o Herat e il gioco è fatto. Perché a Roma si trova il tempo di definire sempre meglio le prerogative (e le indennità) del nuovo giocattolo del COVI, o magari di bloccare al 4% l’IVA sui grissini all’aglio o alla cipolla, ma non di occuparsi concretamente di salvare quelle vite. Non trattandosi di clandestini protetti dalle ong, ce ne possiamo tranquillamente fregare. Tanto sono lontani, molto lontani…E poi, in fondo, restano pur sempre dei “collaborazionisti” con i militari dell’invasore occidentale, no?

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