Atlantia: si può sapere dalla Procura di Roma che fine ha fatto l’inchiesta sulla vecchia gestione e sulla vendita di Autostrade?

Atlantia: si può sapere dalla Procura di Roma che fine ha fatto l’inchiesta sulla vecchia gestione e sulla vendita di Autostrade?

16 febbraio 2024
Dobbiamo delle scuse ai lettori. Nel precedente articolo sui retroscena della ricca vendita di ASPI da parte della famiglia Benetton, abbiamo commesso un errore: “Come mai non se ne sa niente?” chiedevamo nel titolo. Mancava un “più”. Quindi, il quesito corretto era “Come mai non se ne sa più niente?
Già, perché sono ormai due anni che l’inchiesta dorme sonni un po’ troppo tranquilli. Nello strano disinteresse di quegli impareggiabili giornalisti d’inchiesta che quando c’è da scrivere paginate sui presunti scandali del centrodestra, non perdono un solo minuto a raccogliere tonnellate di informative da riversare sui loro giornali.
Stavolta, no. Silenzio assoluto da parte dei media e del solito “circo giudiziario” a senso unico. Ma non sarà, per caso, che il fascicolo dorme perché altrimenti salterebbero fuori pressioni e collegamenti che chiamerebbero in causa esponenti politici di primo piano del centrosinistra? Del Pd e del M5S, per esempio?
Proviamo a mettere ordine in questa intricatissima vicenda.
Tutto parte da un esposto presentato alla Procura di Genova da quattro avvocati per conto di comitati cittadini in vari modi coinvolti nel crollo del ponte Morandi (43 morti: qualcuno se lo ricorda?). L’accusa è semplice e terribile nello stesso tempo: “Pedaggi d’oro per opere fantasma” riassume magistralmente  in un titolo il quotidiano “La Verità”, l’unico che grazie al suo vice-direttore Giacomo Amadori si è occupato negli anni e nei mesi scorsi di cercare di districare la matassa.
Cioè: le vecchie gestioni di ASPI riuscirono a farsi autorizzare dallo Stato ad aumentare le tariffe in cambio della promessa di consistenti investimenti per la manutenzione della rete autostradale; invece, quei lavori non furono mai fatti e il Ponte Morandi venne giù.
La sede di Aspi è a Roma e così la Procura di Genova, cerco’ subito di liberarsi della “patata bollente”, spedendo l’esposto ai colleghi capitolini. I quali, dopo una rapida occhiata, provarono a restituire gli atti, arrendendosi solo dopo una pronuncia della Cassazione: competenza territoriale romana, non si discute.
Così, vengono incaricati delle indagini i pm del “pool” reati contro la Pubblica Amministrazione Fabrizio Tucci ed Elena Neri, sotto l’egida del Procuratore aggiunto Paolo Ielo e con la delega ad effettuare gli accertamenti alla Guardia di Finanza. E finalmente arrivano le prime iscrizioni al registro degli indagati per i vecchi vertici di ASPI. Senza però disturbare Atlantia e la cassaforte della famiglia Benetton, Edizioni. Ci sono gli ex-presidenti Gros Pietro, Cerchiai e Mari, con gli altrettanto ex-AD Gamberale e Castellucci. Stop. E fino ad oggi, questo è tutto.
ASPI nel frattempo viene venduta grazie ad uno strabiliante indennizzo-liquidazione per i Benetton e l’azienda può ripartire.
Non l’inchiesta, però, che resta lì con i fascicoli che cominciano ad ingiallirsi.
Ancora nessuno che si sia preso la briga di ricostruire i vari passaggi, di provare a capire se tutto sia stato o meno assolutamente regolare. Se, per esempio, dietro alla “excusatio non petita” dell’ex-premier Giuseppe Conte di qualche settimana fa (“Il mio rimpianto è che non siamo riusciti a far saltare la concessione”), ci siano o no retroscena politico-finanziari su cui varrebbe la pena di fare luce.
Magari interrogando l’ex-ministro del M5s Danilo Toninelli, lui si’ che si batte’ alla morte per annullare la concessione ai Benetton e che forse -come sostengono le malelingue- fu per questo emarginato dai grillini (difatti è sparito dai radar).
Oppure chiedendo notizie al sindaco di Roma, Roberto Gualtieri,  che ai tempi della compravendita di ASPI ricopriva l’incarico di Ministro dell’Economia in quota Pd.
 O anche l’ex-AD di Cassa depositi e prestiti (in quota M5S), Fabrizio Palermo, oggi scelto -naturalmente solo per meriti- dallo stesso Gualtieri come AD di ACEA.
Insomma, se si vuol fare ripartire l’inchiesta e confermare che il Palazzo di Giustizia di Roma non è davvero più il “porto delle nebbie” della Prima Repubblica, di elementi ce ne sarebbero a josa.
Basta volerlo, caro Procuratore Francesco Lo Voi. A meno che, invece, Pd e M5S non godano di trattamenti privilegiati. E allora se ne prenderà atto. Con tutte le conclusioni del caso.