Confindustria vuole gestire il dopo-coronavirus coi sindacati. Ma certo, come no…

 

Il presidente di Synopo (alzi la mano chi sa cosa sia), Carlo Bonomi, si sente già nuovo presidente di Confindustria. E così, attraverso Repubblica, comunica alla politica, all’inclita e al volgo l’intimazione su cosa bisognerà fare per rilanciare l’economia del dopo-Covid 19: bene il ricorso al Mes, il famigerato fondo salva-Stati, ma il nuovo progetto deve essere affidato a “imprese e sindacati, con le loro conoscenze, esperienze, capacità”. E subito dopo, per fugare ogni dubbio su chi debba occupare la “cabina di regia” della ricostruzione di un Paese allo stremo, simile a quella del dopoguerra, esclude il ricorso ad una nuova Iri.

“Non mi convince affatto l’idea che da questa crisi si uscirà con lo Stato protagonista dell’economia…lo Stato deve restare regolatore, non gestore”. Ipse dixit. Ma chi si crede di essere questo oscuro e modesto rappresentante degli industriali lombardi, che si occupa di un’aziendina con un giro d’affari di appena 15 milioni di euro? L’equivalente italiano di Jeff Bezos o di Bill Gates e Mark Zuckerberg? Si vada a rileggere la storia della ricostruzione italiana del dopoguerra e imparerà che proprio grazie all’Iri il nostro Paese si risollevò, affiancando imprenditori privati di ben altra statura del presidente di Synopo. Ed eviti di ingraziarsi i sindacati: hanno già fatto abbastanza danni per essere ammessi di nuovo al tavolo del rilancio dell’economia. È la politica che deve prendere per mano il Paese e riportarlo a galla. La supremazia della finanza ha fatto abbastanza da danni in Italia. E in Europa.

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Covid19 e figuracce all’italiana: il soccorso dell’ambasciata delle Filippine alle infermiere “positive”. La casa di cura romana Giovanni XXIII, gestita da un ordine religioso di suore, è finita nell’occhio del ciclone per i contagi da coronavirus che hanno portato alla morte di alcuni anziani ricoverati. Ma anche perché ben sette (per ora) infermiere filippine sono risultate “positive”. E subito poste in quarantena in un pensionato di Ottavia. Bene, peccato che queste professioniste siano state anche messe “a stecchetto” per quanto riguarda pasti e bevande. Le suore, si sa, sono notoriamente di “braccino corto”. E così, alle poverette non è rimasto altro da fare che chiedere aiuto alla loro ambasciata. Detto, fatto. Perché le Filippine saranno pure sotto il tacco del terribile presidente Duterte (quello che favorisce e tollera i metodi piu spicci contro criminali e spacciatori), ma lo Stato protegge “all’americana” i propri cittadini che lavorano all’estero. E ora le sette povere infermiere “positive” hanno finalmente di che alleviare l’isolamento coatto con cibo, dolci e bevande a volontà. Almeno quello…Da noi, nella capitale, tutto procede invece come al solito. Basti pensare che alcuni anziani da sottrarre al covid19 sono finiti in una “chiacchieratissima” clinica sulla Nomentana, i cui amministratori sono sotto inchiesta da anni per le accuse di incuria seguita da morte di altri degenti. Ma possibile che neanche che un’emergenza epocale come questa del coronavirus riesca a stroncare certi traffici sulla pelle dei pazienti più deboli e a rischio? Possibile che perfino Duterte e la sua ambasciata a Roma ci facciano collezionare figuracce?

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