Lo Stato che non accantonava i contributi pensionistici

Quando ero più piccolo mio padre per farmi addormentare non mi raccontava fiabe ma cose incredibili che però accadevano per davvero.

In questi giorni mi viene in mente ad esempio la storia di quel paese – l’Italia – che non aveva mai accantonato i contributi previdenziali dei propri dipendenti per decenni e che era costretta a fare continui trasferimenti nel tempo dalla fiscalità generale all’ente che eroga le pensioni – l’Inps – proprio per pagare le quiescenze nel frattempo maturate.

Papà mi diceva che “lo stato italiano non paga a sé stesso perché parte dall’errato presupposto che sia un’inutile partita di giro”. “E invece?” Ingenuamente chiedevo io , che lungi dall’addormentarmi a quel punto non riuscivo a prendere più sonno per la malsana curiosità?

“E invece, se quei soldi fossero stati accantonati avrebbero fruttato tanti di quei guadagni nel corso degli ultimi decenni che oggi, messi in un apposito fondo pensioni di cui tutti si riempiono la bocca, le quiescenze si potrebbero almeno in parte ripagare con i semplici interessi sul capitale accumulato”.

“E invece?”, domandavo io sempre più petulante. “Invece – mi ricordava il mio papà e parliamo della metà degli anni ’90 – i continui trasferimenti all’Inps di soldi dalla fiscalità generale fanno si che anche il debito pubblico salga e vincolano somme enormi (oggi oltre 100 miliardi di euro l’anno) che potrebbero essere usate per la crescita e per lo sviluppo”.

“Come va a finire se continua così?” Era la domanda che facevo a papà prima di addormentarmi. Ma non riesco più a ricordare cosa mi rispondeva perché nel frattempo chiudevo gli occhi per la delusione e la stanchezza che si assommavano.

Oggi che papà purtroppo non ci sta più da oltre tre anni, una risposta a questa ultima questione mi è arrivata da un uomo più giovane di me e molto in gamba che si chiama Angelo Deiana, presidente della Confassociazioni.

Che a voce mi ha confermato quanto andava scrivendo nel 2016 per l’Huffington post Italia, sfidando chiunque a dimostrare il contrario. “lo stato nel 2015 (anno della morte di Giovanni Buffa, noto esperto in materia previdenziale, ndr ) ma oggi forse va pure peggio, doveva trasferire 101 miliardi di euro per coprire il buco dei contributi non accantonati e pagare le pensioni degli statali.

E a proposito di quanto si paga, la differenza tra incasso e esborso è ormai ferma sui 21 miliardi annui.” E poi ha ulteriormente precisato: “Una cifra tale che non cambierebbe molto se fosse di 2 o 4 miliardi in più o in meno, perché comunque sarebbe un’enormità rispetto a cifre come i 280 milioni dei vitalizi dei parlamentari o alle coperture ipotizzate sulle pensioni di reversibilità generate dalle unioni civili di cui tanto si parla.”

Senza dirmelo, Deiana, mi ha così raccontato l’epilogo della storia incredibile con cui mi addormentavo tanti anni fa: la fine non esiste, in Italia si continuerà ad andare avanti in questa maniera finchè morte non separi lo stato dal cittadino contribuente. Amen.

Commenti

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Ultimi Articoli

Rimani in contatto

1,253FansLike
1,323FollowersFollow
2,571SubscribersSubscribe

Ultimi Articoli