Difesa, corruzione negli appalti delle FFAA: 31 arresti e misure cautelari, altri 33 indagati

Difesa, corruzione negli appalti delle FFAA: 31 arresti e misure cautelari, altri 33 indagati

09 luglio 2020

I nuovi distintivi dell’esercito italiano, e della aeronautica, nonché i nuovi gradi sulle mostrine che stanno in bella vista sulle divise erano fabbricati in Cina e in Albania. E ovviamente erano pericolosi anche per la salute degli ignari militari e alti gradi di esercito e aeronautica che li indossavano magari con orgoglio.

Le ditte, gli imprenditori, i colonnelli di esercito e aviazione – nonché gli ex graduati diventati consulenti di queste ditte che per la procura di Roma si sarebbero comportate in maniera truffaldina e grottesca – pensavano che nessuno li avrebbe mai scoperti. Anche perché avevano fatto cartello spartitorio per forniture e appalti e di conseguenza “loro se la suonavano e loro se la cantavano”. Come si dice a Roma. All’alba in 31 sono finiti in carcere o ai domiciliari a Roma e in altre città italiane mentre altri 33 – comprese le ditte – sono sotto indagine secondo i nuovi canoni  previsti dalla legge grillina detta “spazza corrotti”.

I reati contestati vanno dalla frode nelle forniture alla corruzione passando via via per la turbativa d’asta ed altre irregolarità negli appalti per gli approvvigionamenti delle Forze Armate. L’ordinanza di custodia cautelare del gip di Roma dispone per 7 indagati gli arresti domiciliari, e per altri cinque le previste misure interdittive di sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio, incluse 19 misure di “divieto temporaneo di contrattare con la Pubblica Amministrazione”  e di “esercitare attività imprenditoriali e uffici direttivi di persone giuridiche e imprese”.

Notevoli le cifre in ballo: le indagini hanno permesso di svelare turbative d’asta e frodi negli appalti delle Forze Armate per un valore pari a 18 milioni e mezzo di euro. A margine di tali vicende, è stata altresì ipotizzata una truffa contrattuale perpetrata nella fornitura di tende modulari a struttura pneumatica per l’Esercito Italiano e in particolare per le truppe in missione all’estero tramite una “gara a procedura aperta” per un importo complessivo di € 9.064.335,57. Sequestrati preventivamente nei conti degli indagati cifre per quasi 3

milioni di euro.

Tra gli accusati figurano un maggiore dei carabinieri, un generale ispettore dell’Aeronautica militare e un colonnello in servizio all’aeroporto di Pratica di Mare, un brigadiere capo della Guardia di Finanza finito ai domiciliari, e infine due colonnelli, un tenente e un brigadiere generale dell’Aeronautica militare. Tutti sospesi dal servizio. In pratica una piccola lobby militare (e l’aspetto più squallido di questa vicenda è che per qualcuno di questi militari l’onore valeva 50 euro) verosimilmente contigua a ditte e fornitori anche per la pessima abitudine da parte di questi ultimi di reclutare ex graduati di esercito, carabinieri ed aeronautica come consulenti dopo la loro andata in pensione o dopo comunque l’abbandono della carriera militare.

Delle belle “sine curae” – spesso retribuite in nero – che trasformano ex servitori dello stato in affaristi senza scrupoli. Va detto che nel ministero della Difesa – che secondo il ministro in carica Lorenzo Guerini “è parte lesa” nella vicenda e come tale si costituirà parte civile nel futuro processo –  vicende del genere hanno accompagnato quasi tutta la storia patria almeno dal dopoguerra a oggi. Dallo scandalo Lockheed dove vennero implicati, processati – davanti all’allora Corte Costituzionale costituita in alta corte di giustizia con altri 17 membri supplenti oltre agli stessi giudici  – e poi condannati gli ex ministri della Difesa Mario Tanassi e Luigi Gui, sino ai giorni nostri, nel nostro esercito e nell’aeronautica, accanto al valore dimostrato nelle missioni militari all’estero, non è mai mancata una certa predisposizione a prendere le tangenti pressoché su ogni fornitura militare.

Leggendaria la imputazione di massa per appropriazione indebita e truffa allo stato  elevata da varie procure militari del Bel Paese negli anni ’90 quando – dopo la dismissione delle vecchie caserme e il travaso di suppellettili e mobilio in quelle nuove – si constatò la scomparsa di centinaia di migliaia di “pezzi pregiati” che andarono a costituire il mobilio anche di alti gradi militari che poi vennero tutti scoperti e condannati sia pure a pene molto blande.

Gli odierni indagati e arrestati, sulle forniture per le forze armate avevano nel loro piccolo creato un sistema di tangenti che venivano pagate con denaro in contanti, con cifre intorno  al 10% del valore delle gare – qualcuno si è venduto anche per 50 euro come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare –  ma anche con la promessa di assunzione per figli e familiari. Un welfare ad hoc a cura delle ditte del cartello.