Difesa/Leonardo: le vicissitudini di “Filippo il Bello” Grasso, scelto da Carta e odiato dai profumieri

Non può mancare, nella serie di ritratti della prima linea di Leonardo, quello di Filippo Maria Grasso, “Filippo il Bello”, cioè il modello che si occupa delle Relazioni Istituzionali di piazza Montegrappa. Arriva su scelta del Presidente Luciano Carta e raccomandazione -dicono le malelingue- nientepopodimeno che dell’Opus Dei. E pur essendo un cattolico “doc”, non fa parte dei “pacifisti ideologici” tipo Profumo e Amoroso. Difatti, il “banchiere etico” non lo gradisce affatto e -appena può- gli scatena contro la muta dei “fedelissimi”. Ma la protezione presidenziale riesce a smussare gli angoli caratteriali e alla fine “Arrogance” deve arrendersi e firmare l’armistizio.

Grasso, d’altra parte, non è certo uno “scappato di casa” come tanti altri reclutati da Profumo. Viene da una palestra dura e seria come quella della Pirelli di Marco Tronchetti Provera, che dopo le vicissitudini per i suoi legami con Marco Mancini e Giuliano Tavaroli, l’aveva mandato a farsi le ossa (o in esilio) in Cina. Ed è stato proprio questo passato “cinese” a far storcere un po’ la bocca ai nostri occhiuti servizi. Ma poi la garanzia di Carta (già Direttore proprio dell’AISE), aveva fatto accettare la scelta. Sia pure con “riserva di verifica”.

Grasso ha preso il posto di Paolo Messa e quindi gli è stato facile fare bella figura. Ha subito riorganizzato la direzione è formalizzato le responsabilità: mentre prima tutto ruotava intorno ai pranzi e alle cene di Messa, oggi ci sono dirigenti che seguono in maniera manageriale l’attività legislativa ed i rapporti con le istituzioni. E Grasso coordina, organizza, gestisce e indirizza. Però con il distacco e gli orari di un dandy imprestato all’azienda. Arriva la mattina con tutta calma (anche 2/3/4 ore dopo il DG Valerio Cioffi, che non gradisce) e la sera esce per l’aperitivo quando più gli aggrada. Tanto per “Filippo il Bello” lo stipendio è solo una sorta di “argent de poche”, visto che case, macchine, autisti, barche e filippini, sono arrivati grazie al matrimonio (la moglie è la ricchissima appartenente ad una delle famiglie più in vista della Capitale nel ramo della sanità). E questo atteggiamento, unito all’eleganza, ad un indubbio fascino e al distacco dai normali problemi terreni, lo rendono antipatico ai profumieri. Così, la sicurezza che ha alle spalle, gli consente di dire (quasi) sempre in faccia ai suoi interlocutori cosa pensa. Dell’azienda e dei suoi colleghi. Ma nella Leonardo di Profumo, è vietato dire la verità, meglio sempre “sopire e troncare”. E se proprio non è possibile, mentire.

Quindi, grazie a Carta, per ora Grasso è sopportato dai giannizzeri dell’AD. Già, ma fino a quando? Uscirà sconfitto prima lui (soprattutto se Profumo riuscirà l’anno prossimo nel suo piano di scalzare Carta dalla presidenza) o “Arrogance”? Vista l’attuale blindatura da parte del Pd, malgrado gli insuccessi a ripetizione ed il grottesco “caso D’Alema) forse deciderà ancora una volta la magistratura milanese. A prescindere dalla frenetica attività difensiva del capo del legale, Andrea Parrella. Che a sua volta, merita pure lui un ritratto.

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