Enas, per il ministero del Lavoro i suoi dipendenti sono senza nome (e senza diritti?)

Enas, per il ministero del Lavoro i suoi dipendenti sono senza nome (e senza diritti?)

03 maggio 2018

 

Siamo all’assurdo. Il ministero del Lavoro respinge la  richiesta di convocazione presentata dal “comitato per la legalità”, composto da dipendenti ed ex dipendenti dell’Enas che si sono “qualificati”, inviando allo stesso ministero l’atto costitutivo del comitato dove vi sono nome cognome e codice fiscale degli appartenenti al comitato, ritenendo i suoi componenti “soggetti non precisamente individuati e non chiaramente qualificati da un interesse spendibile sulla questione che intendono, eventualmente, sottoporre”.

La nota, a firma del direttore generale per la Previdenza, dottoressa Concetta Ferrari, è giunta pochi minuti fa anche alla nostra redazione che aveva inviato gli articoli che abbiamo pubblicato in merito alla vicenda ACAI-ENAS al capo di Gabinetto del ministro auspicando, per il buon fine della vertenza, che il ministero potesse ricevere i rappresentanti del comitato.

Da quello che risulta alla nostra redazione il comitato per la legittimità ha inviato contestualmente sia l’atto costitutivo che la richiesta di convocazione a vari indirizzi del ministero tramite mail in data 19 gennaio 2018 alle ore 15,20.

Il ministero rispondeva in data 22 gennaio alle ore 10,44 affermando che gli allegati (atto costitutivo e richiesta di incontro) non risultavano presenti in calce alla mail inviata al ministero dal comitato. Immediatamente e precisamente alle ore 15,20 sempre del 22 gennaio scorso il comitato inoltrava di nuovo la documentazione richiesta.

Ora ci sembra strano che il ministero continui a dire che non può fornire informazioni a coloro che non hanno “interesse spendibile sulla questione” mentre i componenti il “comitato per la legittimità” sono i diretti interessati di una situazione che vede dei lavoratori che debbono ricevere molti mesi di stipendi arretrati, che si sono visti togliere dalle buste paga le quote del TFR che non sono state versate presso il fondo previsto, lavoratori dimessisi che non ricevono le competenze di fine rapporto, lavoratori, che a fronte di uno stipendio di 600/700 euro, vengono trasferiti dalla Sicilia alle regioni del nord e sono costretti a licenziarsi, lavoratori a cui vengono sottoposte “conciliazioni” umilianti da firmare davanti agli organi periferici del ministero.

Chiediamo cortesemente ai dirigenti del ministero, al capo di Gabinetto del ministro e, ce lo consenta, allo stesso ministro Poletti se ritiene questa nota inviata, a chi si è regolarmente qualificato con nome e cognome, la giusta risposta a dei lavoratori che chiedono di spiegare al ministero del Lavoro, quale organo vigilante su come vengono elargiti i soldi pubblici ai patronati, come stanno effettivamente le cose e soprattutto se la risposta del Ministero sia conseguente alle promesse fatte dal ministro Poletti davanti le telecamere delle Iene?

Vogliamo augurarci che si tratti ancora di una “svista” o di un “disguido” e che chi di dovere “ritrovi” l’atto costitutivo del Comitato per la Legittimità dove potranno soddisfare la loro, giusta, curiosità di “qualificare” i richiedenti e capire che hanno tutto “l’interesse spendibile” per chiedere al Ministero di farsi garante delle somme che sono di loro spettanza e che potrebbero essere coperte dalle somme che il Ministero deve al patronato operando la giusta “vigilanza” promessa dal Ministro Poletti al microfono di Nadia Toffa.

Intanto il ministero prenda anche atto dei decreti ingiuntivi che stanno arrivando da parte degli ex dipendenti che sono stufi di promesse non mantenute da chi dovrebbe essere il loro difensore naturale… ma questo è un altro discorso.