Governo del cambiamento, nulla cambia nei confronti del sindacato

Forse nessuno lo dice ma, forse, il vero ideologo del famoso “contratto di governo” tra M5S e Lega deve essere stato Tomasi da Lampedusa con il suo celebre detto “lasciamo che tutto cambi perché tutto rimanga come prima”.

Sicuramente la teoria del Gattopardo deve essere quella che ha ispirato i presidenti delle commissioni Lavoro e Finanze della Camera che martedì scorso in tarda serata, hanno concesso un’audizione informale sul Decreto Dignità a Cgil, Cisl, Uil e Ugl.

Ora che le Commissioni parlamentari tengano queste audizioni, cosiddette informali, in quanto per loro non vincolanti per le decisioni che debbono portare in aula, lo riteniamo un fatto altamente democratico ma concedere queste audizioni solo a quelle organizzazioni che non hanno l’esclusiva della rappresentanza dei lavoratori pubblici e privati, ci sembra offensivo proprio per quella democrazia sempre invocata sia da M5S sia dalla Lega.

Non siamo sulla stessa linea di chi dice che i sindacati non servono più a nulla e per questo andrebbero “eliminati” ma riteniamo che lo scenario rappresentativo del mondo del lavoro sia notevolmente cambiato, soprattutto in questo ultimo decennio, ridimensionando anche tre grandi confederazioni sindacali come

Forse nessuno lo dice ma, forse, il vero ideologo del famoso “contratto di governo” tra M5S e Lega deve essere stato Tomasi da Lampedusa con il suo celebre detto “lasciamo che tutto cambi perché tutto rimanga come prima”. Sicuramente la teoria del Gattopardo deve essere quella che ha ispirato i presidenti delle commissioni Lavoro e Finanze della Camera che martedì scorso in tarda serata, hanno concesso un’audizione informale sul decreto Dignità a Cgil, Cisl, Uil e Ugl.

Ora che le commissioni parlamentari tengano queste audizioni, cosiddette informali, in quanto per loro non vincolanti per le decisioni che debbono portare in aula, lo riteniamo un fatto altamente democratico ma concedere queste audizioni solo a quelle organizzazioni che non hanno l’esclusiva della rappresentanza dei lavoratori pubblici e privati, ci sembra offensivo proprio per quella democrazia sempre invocata sia da M5S sia dalla Lega.

Non siamo sulla stessa linea di chi dice che i sindacati non servono più a nulla e per questo andrebbero “eliminati” ma riteniamo che lo scenario rappresentativo del mondo del lavoro sia notevolmente cambiato, soprattutto in questo ultimo decennio, ridimensionando anche tre grandi confederazioni sindacali come Cgil, Cisl e Uil, che potranno anche essere ancora, e solo in certi settori, le organizzazioni più rappresentative ma che stanno subendo una crisi di rigetto da parte dei lavoratori che sempre più numerosi abbandonano le tre centrali per andare verso nuove sigle del sindacalismo autonomo. Non parliamo poi dell’Ugl che ormai ha perso iscritti anche in quello che veniva definito il suo serbatoio di tessere, il pubblico impiego.

Solo nelle recenti elezioni del comparto Funzioni centrali l’Ugl ha raccolto in tutta Italia 389 voti a fronte delle decine di migliaia di voti raccolti complessivamente dalla triplice e da alcuni sindacati autonomi come Confsal, Confintesa, FLP e USB.

Ebbene non capiamo come i presidenti delle commissioni lavoro e finanze della Camera dei deputati possano sentire, non diciamo tanto la triplice, che comunque ancora ha una sua rappresentatività, ma l’Ugl ed escludere tutto un sistema di sindacati autonomi che rappresentano una realtà non solo nel pubblico impiego ma anche nel privato. Se questo è il segnale del cambiamento allora vuol dire proprio che le vecchie logiche della prima repubblica vivono ancora e combattono con noi.

Ripetiamo che non ci aggreghiamo ai detrattori ad ogni costo del sindacato con la esse maiuscola ma crediamo che sia arrivata l’ora di cominciare a capire che come le cose sono cambiate in politica anche in campo sindacale non esistono più posizioni di rendita legate a vecchie sigle e a sistemi di casta che i lavoratori, sempre più numerosi, stanno rifiutando. Non servono accordi strampalati sulla rappresentatività siglati con associazioni datoriali che stanno perdendo pezzi importanti di imprenditoria per strada a favore di nuove associazioni datoriali più snelle e più moderne.

Non serve nemmeno avere politici compiacenti che pensano di stravolgere una realtà numerica con la quale un giorno non lontano, speriamo, ci si potrà confrontare. L’unica cosa che questo governo deve fare è dare attuazione all’articolo 39 della Costituzione dando nuove regole per la rappresentanza reale e certificare anche la consistenza numerica delle organizzazioni sindacali.

Chi ha paura di farsi contare lo dica chiaramente senza appellarsi a proclami ed editti che inneggiano ad una falsa democrazia. Democrazia significa avere il coraggio di confrontarsi e rischiare anche di rimanere fuori dai giochi sindacali. Il vice presidente del Consiglio e ministro del Lavoro Di Maio, prima delle elezioni, dichiarò che i sindacati “o si autoriformano o ci pensiamo noi”. Frase molto azzardata e anche in parte non condivisibile a meno che il cambiamento non passi attraverso l’attuazione dell’articolo 39 della Costituzione.

Se la “prova del cambiamento”, nell’ambito delle relazioni governo/sindacati, è quello di martedì sera in commissione lavoro alla Camera dei Deputati vuol dire che il Gattopardo è il vero Presidente del Consiglio di questo Governo. Altro che cambiamento, tutto è come prima e forse anche peggio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Commenti

  1. Concordo. Ma sul caso Ugl, il sindacato fantasma che ha una “rappresentatività” pari a un pugno di mosche, bisogna pure ricordare che non a caso la Lega ha vergognosamente nominato tale Claudio Durigon sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali. E quanto questo personaggio, ex ras ugiellino, sia stato “esperto” nel tutelare i lavoratori dell’Enas, l’ex ente di patronato della Ugl, è cosa arcinota. Guarda caso, dopo la sua elezione nelle file leghiste, si è subito adoperato per cercare probabilmente di “sistemare” alcune “cosucce” in sospeso tra ugl e ministero del lavoro proprio riguardo al pasticciaccio Enas, riuscendo a farsi arruolare in quel ruolo come “esperto” di politiche sociali (sic!).
    A parte il palese conflitto di interessi, come diceva il famoso gobbo della c.d. prima Repubblica “a pensare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”.
    Anche Giuseppe Tomasi di Lampedusa si sta rivoltando nella tomba.

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