Il Mozambico è nel caos: i jihadisti di ISCAP avanzano a Cabo Delgado e minacciano la sicurezza di tutta la regione

Il Mozambico è nel caos: i jihadisti di ISCAP avanzano a Cabo Delgado e minacciano la sicurezza di tutta la regione

07 giugno 2024

I miliziani pro-ISIS, sfruttando il ritiro della missione SAMIM, sono sempre più spavaldi. Hanno evoluto le loro tattiche e puntano a riunirsi con ISGS e ISWAP per creare il Califfato in Africa

Il Mozambico è nel caos: i jihadisti di ISCAP avanzano a Cabo Delgado, sfruttando il ritiro della missione SAMIM

Il Mozambico, una volta considerato un modello di sviluppo in Africa, è nel caos più totale e la situazione sta degenerando ulteriormente. I miliziani di ISCAP (al-Shabaab), Islamic State Central Africa Province, stanno avanzando a Nord nel silenzio e nell’indifferenza della comunità internazionale. I jihadisti ormai impazzano per la provincia settentrionale di Cabo Delgado, seminando il terrore tra la popolazione. Negli ultimi mesi, inoltre, sono diventati più spavaldi, arrivando il 10 maggio ad attaccare direttamente la città di Macomia. Non è un caso che le azioni più importanti rivendicate da gennaio a giugno 2024 siano già 57, contro le 51 totali del 2023, come confermano i dati dell’ACLED (Armed Conflict Location and Event Data). Non solo, i terroristi ISIS hanno anche incrementato i rapimenti di lavoratori locali e stranieri in tutta la regione. Obiettivo: incassare i riscatti per finanziare la propria sussistenza e operatività, aumentando allo stesso tempo il peso nella Nazione, sfruttando la leva del terrore. Ad aggravare ulteriormente la situazione c’è il ritiro in corso dei militari della SAMIM, la missione della Comunità di Sviluppo dell’Africa Meridionale (SADC), che dovrebbe concludersi entro luglio. Il contingente multinazionale inizialmente ha ottenuto buoni risultati nel bonificare la provincia dai jihadisti ex ISIS. Nel tempo, però, non è mai stato adeguatamente dotato di risorse e si è quindi progressivamente trasformato in una sorta di forza statica, a guardia essenzialmente di Pemba.

L’ostinazione di Maputo è la causa dell’espansione dei miliziani pro-ISIS in Mozambico

L’avanzata di ISCAP a Cabo Delgado, comunque, è colpa soprattutto del governo del Mozambico, che ha sempre ostacolato l’intervento dei partner regionali, in quanto timoroso di ingerenze estere negli affari interni del Paese africano. La situazione si è sbloccata solo dopo la battaglia di Palma e l’attacco all’hotel Amaruli tra la fine di marzo e i primi giorni di aprile 2021, costati la vita a 21 soldati mozambicani e a 40 civili di cui dodici stranieri. Maputo, costretta ad accettare il supporto internazionale per neutralizzare i jihadisti, da una parte ha accettato l’arrivo delle truppe della missione SAMIM; dall’altra, ha siglato un accordo analogo con il Rwanda, affidandogli la sicurezza nei distretti di Palma e Mocímboa da Praia (dove si trovano gli investimenti multimiliardari di gas naturale). I militari della SADC, invece, sono stati schierati nei distretti di Nangade, Mueda, Muidumbe e Macomia. Entrambi i contingenti, però, prima di poter lanciare controffensive avrebbero dovuto avere l’approvazione formale del governo mozambicano, elemento che ha rallentato fortemente gli sforzi di contrasto ai miliziani, alimentando allo stesso tempo forti critiche alle due forze da parte della popolazione locale.

I fondamentalisti di Al-Shabaab hanno evoluto le loro tattiche, come conferma l’attacco a Macomia il 10 maggio

ISCAP, peraltro, si sta evolvendo e rischia di arrivare presto alle regioni centrali del Mozambico. Gli ultimi attacchi dei jihadisti pro-ISIS, infatti, puntano verso il sud di Cabo Delgado e vantano intensità notevoli, ben diverse da quelle del passato. L’attacco a Macomia di maggio è un esempio eclatante. Il modus operandi è lo stesso della battaglia di Pemba del 2021: azioni simultanee da più direzioni, supportate dal tiro dell’artiglieria. Ciò che è variato sono i numeri dei partecipanti (si parla di quasi mille miliziani, tra cui numerosi bambini-soldato) e la qualità dell’offensiva: niente più scontri scomposti, ma tattiche e timing molto precisi: un’occupazione breve della città (24 ore) per trasferirsi poi a Mucojo e, infine, scomparire dividendosi in molteplici direzioni, dopo aver razziato tutto il possibile. Successivamente ci sono stati altri raid, di minore intensità, ma sparsi in tutta la provincia: da Nangade fino a Nanduli, pericolosamente vicino con il distretto di confine di Ancuabe.

ISCAP a lungo termine punta a riunirsi con ISGS e ISWAP per creare il Califfato in Africa

L’offensiva di ISCAP a Cabo Delgado non è pericolosa solo per il Mozambico, ma anche per tutta la regione africana. Da tempo si segnalano infiltrazioni dei jihadisti pro-ISIS in Tanzania, dove sembra che abbiano creato una sorta di safe heaven nell’area meridionale al confine. Inoltre, la formazione al-Shabaab originale è collegata direttamente al gruppo e invia periodicamente istruttori e pianificatori per incrementarne le capacità e la letalità. Quanto sta accadendo conferma che l’idea dei fondamentalisti di ricreare un Califfato non è tramontata affatto. Anzi. E’ stata semplicemente traslata dal Medio Oriente all’Africa. L’obiettivo a lungo termine, infatti, è arrivare ad unire le varie ali dell’ex Stato Islamico operanti nell’area: ISGS a Nord (Sahel), ISWAP (Nigeria e costa Ovest) e ISCAP (Centro-Est), sfruttando le scarse capacità e dotazioni delle forze armate dei Paesi coinvolti, nonché la loro poca o nulla propensione a rivolgersi a partner internazionali per ottenere sostegno, temendo che altri “mettano il naso nel loro orticello privato.”

Per la comunità internazionale non c’è tempo da perdere, soprattutto perché in caso di intervento i contingenti e gli assetti dovranno essere necessariamente tarati sul nuovo scenario

In questo circolo vizioso, più passa il tempo e minori saranno le possibilità di arginare l’avanzata dell’ex Stato Islamico in Africa anche per l’Occidente. I nostri eserciti, dopo decenni di attività continuativa, sono tarati per operare in altri scenari come il Medio Oriente, che presentano caratteristiche diverse rispetto a quelle del Continente Nero. Sia per quanto riguarda la morfologia del terreno e le temperature atmosferiche sia per gli aspetti socio-culturali legati alla popolazione, come ci ricorda tristemente la Somalia nei primi anni ’90. Di conseguenza, se fosse necessario intervenire in forze, bisognerebbe effettuare un reset sia in relazione degli assetti sia del personale e delle tattiche-strategie. Uno sforzo non da poco che richiederebbe tempo e andrebbe necessariamente affinato “on the ground”. D’altronde, gli sforzi fatti finora, puntando sul rafforzamento dei governi e delle forze armate locali si sono rivelati poco utili e in diversi casi è bastato l’arrivo di competitor come il gruppo Wagner russo, che hanno effettuato promesse impossibili da esaudire per l’Occidente, per renderli vani. Di conseguenza, è imperativo che la comunità internazionale cominci ad affrontare seriamente al più presto, la questione “terrorismo in Africa”, prima che sia troppo tardi.