L’ultima famosa intervista di monsignor Viganò

“Mani sapienti” e “mente lucida”. Quelle di monsignor Dario Viganò. Come ritratto nell’introduzione a quella che potrebbe chiamarsi l’ “ultima famosa intervista” -ovviamente in ginocchio – fattagli sul numero di gennaio di “Prima comunicazione” da Daniele Scalise. Che su quello di dicembre aveva anche esultato per il primo monsignore gay friendly messo da un Papa in un ruolo chiave in Vaticano.

Rileggere ora l’intervista di gennaio e i complimenti di “Prima comunicazione” a quest’uomo – che si è dovuto dimettere “con la coda tra le gambe” dopo avere censurato un’intera lettera del Papa emerito Benedetto XVI, molto critica verso il teologo prediletto di Bergoglio, il professor Peter Hunnermann, in odore di collateralismo ai luterani e di anti papismo conseguente – fa quasi sbellicare dalle risate. La lettera poi sbianchettata era stata concepita come un endorsement alla teologia un po’ ridotta all’osso di Bergoglio.

Ma a rileggere il lunghissimo passo omesso era diventata un vero e proprio boomerang. Benedetto XVI fra l’altro faceva capire di non avere il tempo (e forse neanche la voglia) di leggersi gli undici volumetti che gli erano stati sottoposti. Inoltre si dichiarava stupito che tra gli autori della pretesa summa teologica bergogliana figurasse anche “il professor Hunnermann, che durante il mio pontificato si è messo in luce per avere capeggiato iniziative anti papali”.

Insomma quello di Ratzinger era un endorsement come quelli di Viganò atti di un grande comunicatore. Come più volte “Prima” lo definisce in quattro pagine di resistibile intervista.

Cose che capitano nel giornalismo italiano uso al servo encomio e al codardo oltraggio, cioè ad adulare i potenti finché permangono tali e a dileggiarli una volta caduti in disgrazia. Basta vedere quello che stanno scrivendo oggi gli una volta entusiasti sostenitori mediatici di Matteo Renzi.

L’intervista di “Prima” però è un vero e proprio pozzo di San Patrizio di “ultime parole famose” che si ritorceranno contro chi le ha declamate anche nei prossimi giorni. Basta solo limitarsi alla prima domanda in cui l’intervistatore fa riferimento ai corvi in Vaticano.

La risposta di Viganò allude, e sembra quasi una excusatio non petita, a chi dipinge questo Papa come un comunista. La spiegazione che il “grande comunicatore” (ormai “scomunicato”) fornisce è quella che si appoggia sul solito ritornello delle cosiddette “fake news”. Riletto oggi con il senno di poi siamo molto vicini a quella categoria dello spirito del “bue che dice cornuto all’asino”. Per dirla con il latino ecclesiastico “sic transit gloria mundi”. E amen.

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