La fuga da Kabul: il metodo USA e il  metodo italiano (solo per il personale dell’ambasciata e qualche amico)

Nella foto, l’interno del gigantesco C 17 USAF con il quale gli americani stanno evacuando da Kabul gli afghani che rischiano la vita per le attese rappresaglie dei talebani. E’ l’aereo protagonista delle agghiaccianti immagini dei due poveretti che sono precipitati dopo aver tentato un’impossibile fuga avvinghiati al carrello. Gli inglesi ne hanno già evacuati altri  tremila.

E l’Italia? Cosa sta facendo l’Italia? Per ora, grazie allo scandaloso coordinamento tra i ministeri degli Esteri, dell’Interno e della Difesa, siamo riusciti a far partire un KC 767 da trecento posti con a bordo solo il personale dell’ambasciata a Kabul e qualche “raccomandato”.

Non avendo provveduto a smontare i sedili, sono così rientrati in una settantina. Ed a Herat sono rimasti i trecento afghani (interpreti e familiari) che ora potrebbero finire nelle mani dei talebani. Un terzo dei clandestini che sbarcano quotidianamente sulle nostre coste e ai quali garantiamo soccorso e assistenza, grazie agli stessi dicasteri e alla carità pelosa dei nostri media, delle ong e della quotidiana mobilitazione garantita dalla sinistra.

I controlli su quei poveretti che hanno collaborato col nostro contingente, li avremmo potuti fare all’arrivo. Come stanno facendo gli americani e gli inglesi. Ma a noi questi esempi non piacciono. La burocrazia va rispettata. Sempre. La solita vergogna.

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