La Prima alla Scala usata per propaganda filo-pandemica e per il #metoo

La Prima alla Scala usata per propaganda filo-pandemica e per il #metoo

08 dicembre 2020

Questo sarebbe stato veramente l’anno giusto per recarsi davanti alla Scala e lanciare uova a iosa. Se solo ci fosse stato un pubblico cui tirarle. Invece, siccome c’è la pandemia che tutti i cervelli si porta via, qualcuno ha pensato bene di allestire uno spettacolo a metà tra il propagandistico anti  (o sotto sotto “filo”?) pandemia per Conte e Casalino, il politically correct del #metoo e un teche teche teche tiè di spezzoni d’opera.

Tutti, da Bruno Vespa in giù, hanno dimostrato una certa propensione all’ossequio verso il pensiero unico politically correct con frasi tipo “nessuno rimarrà indietro” o “ce la faremo con la solidarietà”. Ma chi ha superato il muro del suono delle banalità e dei paragoni arditi è stata senza dubbio la scrittrice Michela Murgia che ha detto che la Tosca con il suo sacrificio è da considerarsi la prima eroina del #metoo. Dimostrando peraltro una approssimativa conoscenza della trama dell’opera in questione, tutta incentrata sull’inganno e sul tradimento, ma non sulle molestie sessuali.

Una cosa “da menaje”, come si direbbe a Roma. Meglio allora, per una volta, persino il teatro dell’opera di Roma che almeno sabato ha trasmesso via Radio tre Rai un onesto Barbiere di Siviglia senza inventarsi idiozie  e soprattutto senza strizzare l’occhio al governo. Se a questo servilismo si riduce la cultura e segnatamente l’opera allora non venga poi a chiedere sussidi.

Si continui piuttosto a prostituire – come ha fatto il giorno di Sant’Ambrogio – all’angolo della strada. Farà più soldi.