Rai, sempre più un affare di famiglia per i Minoli-Bernabei: ecco pure il genero Nastasi

Rai, sempre più un affare di famiglia per i Minoli-Bernabei: ecco pure il genero Nastasi

12 aprile 2021

Fantastico. Nell’assalto alla diligenza Rai da parte della coppia Minoli-Bernabei, mancava solo il genero, Salvo Nastasi, marito della figlia Giulia. Ma ci sta pensando il ministro della Cultura Dario Franceschini a colmare la lacuna, candidando il suo SG come prossimo Amministratore Delegato di viale Mazzini.

Dopo essere riuscito a far nominare all’Agcom il fedelissimo ex-sottosegretario Antonello Giacomelli (ai danni di un ben più titolato Nino Rizzo Nervo) ed essersi arreso di fronte alla “mission impossible” di far decollare come aspirante sindaca di Roma sua moglie, Michela Di Biase, il noto romanziere del Collegio Romano ha deciso di provare a prendersi la Rai. E così, mentre l’immarcescibile Giovanni Minoli a 76 anni si candida per un posto nel prossimo CdA di viale Mazzini (sognando in realtà la presidenza), Franceschini gli fa sponda puntando al bersaglio grosso di mettere il suo “braccio destro” al posto di Fabrizio Salini.

Pensate che meraviglia: suocero e genero in plancia di comando al settimo e moglie (ma anche suocera) e cognato (Luca) a trattare la solita sporta di fiction milionarie qualche piano più sotto. Perché, anche se andassero a buon fine le trattative con la Sony ( e non solo) per la cessione della Lux Vide, è chiaro che i nuovi acquirenti pretenderebbero per un certo numero di anni le entrature garantite dai Bernabei (Luca e Matilde), da un DG come Valerio Fiorespino e dagli altri vecchi azionisti più o meno occulti come il banchiere Pellegrino Capaldo, il cardinale ex-Segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone ed il finanziere Tarak Ben Ammar. Tanto ormai si sa benissimo che dietro quasi tutti i produttori più “pesanti” di intrattenimento e fiction, ci sono multinazionali che usano la Rai come un bancomat.

Di qui la necessità di affidare le future sorti di viale Mazzini non ai soliti colonizzatori esterni decisi dai partiti (o, nel caso di Franceschini, addirittura dalle correnti che possono vantare il controllo dei gruppi parlamentari), ma ad un “partito Rai” formato da dirigenti e manager interni il più possibile autonomi dai condizionamenti di questo o quel “boss” del Palazzo. Ce ne sono, ce ne sono…basta avere il coraggio di sceglierli. Senza prima farsi promettere in cambio questa o quella nomina.