Rai, qualcuno fermi il dilagare del super-ego della Maggioni (o cambi le regole sul video)

Il Tg1 “maggioniano” lo abbiamo seguito da subito. Speravamo in una ventata di ortodossia giornalistica dopo gli anni nero-pece della gestione Carboni. Ortodossia professionale, s’intende. Una sintassi televisiva finalmente degna del servizio pubblico, il desiderio di dare di più e meglio. In una parola fare davvero giornalismo. E così sostanzialmente è stato. Merito indiscusso della direttrice.
I conoscitori di cose Rai (e conoscitori della Maggioni) si sono da subito interrogati su quando sarebbe – come era inevitabile – esploso l’ultra-ego (super è troppo poco) della Messner dei piani alti e altissimi della Rai, di quella esosfera impregnata di politica, giornalismo, lobbysmo, potere.
E’ bastato aspettare. Ha cominciato con l’ordine di rinforzare sempre il dialoghi con i giornalisti in diretta ben scandendo il nome di battesimo. Ecco quindi i vari FrancescoGiorginoFrancesco, i RobertoChinzariRoberto. Semplicemente stucchevole. La direttrice, si sa, strizza l’occhio allo stile americano. I Tg Usa sono da sempre un’orrenda galleria di sorrisi falsi, colloquialità falsa, risate false, battute scontate e insulse. Perché fare lo stesso qui da noi? Non siamo capaci di generare uno “stile Rai”? Stile Rai che c’era. Basta guardare – sulla eccellente Rai Storia – i brani dei Tg di qualche decennio fa, i Tg di Angela, Valentini, Buttiglione, Vespa, Frajese. E’ passato di moda? Bene, aggiorniamolo. Un direttore serve anche questo. Non collaboriamo alla colonizzazione culturale da parte di realtà che dalle quali abbiamo poco da imparare e che invece da noi da imparare hanno molto.
Dopo l’antipasto della “direttiva nomi”, il piatto forte, la specialità della casa. L’ultra presenzialismo. Il direttore, come dice la parola stessa, dirige. Non entra in campo a giocare anche se fosse – ma non è questo il caso – un fuoriclasse. Non si intervista Fauci (e si dà un’anteprima al Tg delle 20). Non si fa una subconduzione nel telegiornale per parlare del Quirinale (peraltro con ascolti tutt’altro che positivi). Si sta dietro le quinte e si insegna come si lavora. Si possono fare editoriali, ci mancherebbe, ma non si ruba spazio ai propri redattori con evidente mancanza di rispetto nei loro confronti. Anche perché questo iperprotagonismo finisce per giustificare altri atteggiamenti discutibili come il vicedirettore Giorgino che continua a condurre. Se ti nominano vicedirettore, fai il vicedirettore e punto. Se vuoi continuare a condurre, rifiuti la nomina. Ma certo che se conduce la direttrice….
Infine due parole sul cultore degli sport con la “S” di dollaro, Marco Franzelli. Per lui ci sono solo tennis, sci e – naturalmente – la Ferrari. Della sua benamata Rossa non può parlare più perché la Rai non trasmette i GP di Formula uno e quindi, come – oscenamente – il calcio, è stata cancellata dall’elenco dei temi sportivi affrontabili. Ma un sforzettino per tornare a un giornalismo normale, no? Provare a spiegare che le notizie si danno non a seconda della S ma della rilevanza? Ci sono giornali che non trattano lo sport. Stralegittimo, ma non sono servizio pubblico. Il Tg1 lo è. Sveglia!

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