Rai, serate “chiavi in mano” ai produttori esterni senza coinvolgere le risorse interne: il CdA ha niente da dire?

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MILAN, ITALY - MARCH 8: Rai, Italian Broadcasting Corporation, logo at Tempo di Libri, the new Italian Publishing Fair on MARCH 8, 2018 in Milan.

Rai Uno ha appena presentato altre cinque prime serate affidate a Ballandi. Il costo per puntata del nuovo show dovrebbe aggirarsi intorno agli 800mila euro. Peccato che potessero costare molto, ma molto meno se si fossero utilizzate anche le risorse interne.

Ma ormai il trend sembra irrefrenabile. Viale Mazzini continua a privilegiare in ogni modo i produttori esterni, lasciando solo le briciole alle proprie strutture. Di questo passo, arriverà presto il momento in cui si tornerà a parlare di “esuberi”, di ulteriori piani di prepensionamenti, blocco del “turn over” e tagli del personale.

Va bene che la “governance” è cambiata, che il DG è diventato un AD con molti più poteri, ma c’e una domanda che ora rimbalza sempre più frequentemente per i corridoi e da un ufficio all’altro: il CdA esiste ancora ? Già, perché malgrado al suo interno ci sia anche il rappresentante dei lavoratori dell’azienda, da lì nessuno batte un colpo.

Come se a pochi mesi dal rinnovo (previsto per giugno), ciascuno dei consiglieri -Presidente e AD compresi- pensasse piuttosto a come essere riconfermato o al proprio futuro al di fuori della Rai.

E dei dipendenti non freghi più niente a nessuno. E così, negli studi gira una battuta feroce: “Se anche Coletta (direttore di Rai Uno) pensa sia giusto dirigere un genere e una rete comprando pacchetti chiusi dai produttori esterni, perché non cominciare ad esternalizzare anche i dirigenti?”.

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