Riordino dei ruoli e Strade Sicure: Conte prende in giro la Difesa

Riordino dei ruoli e Strade Sicure: Conte prende in giro la Difesa

29 settembre 2019

Il trasformista Giuseppe Conte alla guida del governo italiano si è dimostrato essere un “uomo per tutte le stagioni”, secondo un antico detto popolare “da bosco e da riviera”. Come la sacra arte della retorica impone, egli è capace di far credere cose che non esistono e di veicolare messaggi che, alla prova dei fatti, si mostrano essere lontani da quelle che erano le aspettative.

Non molto tempo addietro, si era presentato come l’ “avvocato degli italiani”: ora abbiamo capito perché. Ci serve un principe del foro per difenderci dai suoi proclami spacciati per verità assolute ed occorre impegnare buona parte dello stipendio ed accendere anche un mutuo se vogliamo contrastare questo campione del camaleontismo made in Italy.

L’ultima rassicurazione è quella concernente il riordino dei ruoli per il personale Difesa e Sicurezza. In un tweet, il premier evidenzia come «la sicurezza dei cittadini e l’attenzione per le donne e gli uomini che la garantiscono è al centro dell’agenda di governo. L’impegno condiviso è quello di esercitare la delega per Difesa e Sicurezza e assumere le iniziative per finanziare gli straordinari per le Forze di polizia».

A margine della riunione tenutasi qualche giorno fa, alla presenza del ministro della Difesa Lorenzo Guerini, dell’Interno Luciana Lamorgese, della Giustizia Alfonso Bonafede e dell’Economia Roberto Gualtieri e dello stesso Conte, è stata ribadita la «necessità di concludere il percorso normativo relativo al riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze armate e delle Forze di Polizia, vista l’imminente scadenza dei termini per l’esercizio della delega sui correttivi ai decreti legislativi n. 94 e 95 del 2017» individuando «ulteriori risorse per completare definitivamente la manovra nei termini di legge previsti dalla delega stessa, e comunque non oltre il 31 dicembre 2019».

Bene. Benissimo. E allora perché le rappresentanze di Palazzo Difesa sono sul piede di guerra? Il problema del riordino dei ruoli è vecchio come il mondo e va necessariamente sistemato entro il 31 dicembre con lo stanziamento da parte dello Stato di ingenti somme di denaro che vadano a migliorare la vita professionale di quelle che vengono considerate “le eccellenze del nostro Paese” e dalle quali non si può prescindere.

L’euforia di Conte stride con il malumore che serpeggia tra i delegati della Rappresentanza militare, ormai certi che il premier abbia completamente dimenticato le proposte da loro avanzate, insieme ai colleghi dei sindacati delle Forze di Polizia, nei precedenti incontri tra il Cocer e il Capo del governo.

«Ancora una volta si sta perpetrando un danno nei confronti del personale. I pochi soldi messi sui correttivi al riordino sono stati gestiti male, come se si volesse gettare un po’ di danaro qua e là cercando di accontentare tutti ma in effetti non accontentano nessuno», riferisce uno dei tanti delegati.

Dare un po’ di soldi una tantum significa spendere il denaro nel modo peggiore possibile, non è strutturale e sa tanto di contentino per tenere buoni i “bambini che fanno i capricci”. Il riordino dei ruoli serve a definire un futuro di carriera sia per il personale in servizio che per le nuove leve, con una prospettiva almeno ventennale.

Perciò necessita di una sua regolarizzazione in modo che non si ripeta la beffa del riordino del 1995 dove i marescialli maggiori dell’epoca, dopo aver subito quattro riordini, si ritrovavano ad avere lo stesso grado, rinominato, o ad avanzare all’interno della medesima categoria, con la creazione di nuovi gradi e qualifiche, senza arrivare ai gradi superiori, troncando loro ogni prospettiva di carriera con la magra consolazione di quattro spicci in più in busta paga.

Arriviamo ad un’altra spinosa questione: Strade Sicure. Le dichiarazioni del Presidente del Cocer Francesco Ceravolo, nell’audizione presso la Commissione Difesa alla Camera, sono state lapidarie, indicando il suddetto Decreto come irricevibile.

La domanda che abbiamo posto ai delegati circa lo stanziamento dei fondi destinati agli straordinari approvati nello stesso decreto legge nel famoso “giovedì di festa”, ha ricevuto una risposta caustica, seguita da una sonora risata «hanno semplicemente usato il tesoretto della Difesa utile anche a colmare qualche debito o dare una mano alla macchina della Difesa».

I soldi per quell’operazione di cui tanto si vantava il primo governo Conte, che l’allora Ministro Salvini, tra un mojito e una sessione in Parlamento, aveva innalzato a “garanzia della Difesa del Popolo italiano”, non sono mai arrivati. Alla Difesa è stato chiesto di fare come facevano le nostre nonne in tempi di guerra: economia. Tagliare a destra e mettere una toppa a sinistra. Il freddo avanza e la coperta è corta.

Nella Delega viene stabilito che: «Ai sensi dell’art. 3, comma 6, del decreto legislativo 21 settembre 2019, n. 104 è stata autorizzata la spesa di 4,6 milioni di euro per “soddisfare le esigenze di pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario svolto dal personale delle Forze armate” per il periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 2019».

Da un’attenta disamina dell’art. 3, al comma 7, si evince come l’Amministrazione intenda di fatto sopperire alla spesa autorizzata, «agli oneri derivanti dal comma 6, pari ad euro 4.646.204, si provvede con le risorse iscritte sullo stato di previsione del Ministero della difesa per l’anno 2019, mediante riduzione di euro 3.737.108 sul fondo di cui all’art. 613 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66», cioè un fondo istituito nello Stato di previsione di bilancio (capitolo 1121 nella previsione di bilancio «nota integrativa a legge di bilancio per l’anno 2019 e per il triennio 2019-2021» che ammonta esattamente a euro 3.737.108). Tale fondo viene inserito per provvedere ad eventuali mancanze di capitoli riguardanti le spese e il pagamento degli emolumenti, di fornitori e creditori ovvero per particolari deficienze di cassa.

I restanti euro 908.096 (da aggiungere ai precedenti euro 3.737.108 per raggiungere euro 4.645.204) derivano dal «fondo di parte concorrente alimentato dalle risorse rinvenenti dal riaccertamento dei residui passivi, istituito ai sensi dell’art. 34-ter, comma 5, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni».

Il riaccertamento menzionato è l’operazione propedeutica alla predisposizione del conto di bilancio e consiste nella verifica dei residui attivi e passivi ovvero dei residui a credito e a debito. Con tale controllo viene dunque quantificato, per ciascun Ministero, l’ammontare dei residui passivi (che rappresentano perciò dei debiti per lo Stato) alla chiusura dell’anno finanziario ed iscritti nel rendiconto generale per essere poi riportati nella contabilità dell’esercizio finanziario dell’anno successivo.

Tutto questo burocratese serve per dire una cosa molto semplice. Lo Stato chiede alla Difesa di fare da sé, di arrangiarsi, di prendere il denaro che ha messo da parte per impiegarlo in altre spese, pagamenti ecc. e di dirottarlo sull’Operazione Strade Sicure.

Questo denaro “risparmiato” dalla Difesa ammonta a euro 3.737.108, la spesa autorizzata nella Delega è di euro 4.646.204; la differenza, ovvero euro 908.096, viene fuori da un indebitamento che il Ministero della Difesa è costretto a farsi o, meglio, che il governo gli chiede di farsi.

In soldoni la Delega, di fatto, prende in giro la Difesa, compiacendosi di se stessa e facendo passare questa manovra ignominiosa come un atto di generosità che il governo fa nei confronti degli uomini in divisa, stanziando denari per Strade Sicure per il pagamento delle ore di straordinario maturate dai militari. Niente di più falso.

Questo denaro va a coprire soltanto 6,5 ore di straordinario derivanti dall’aumento delle attuali 14,5 ore a 21 ore mensili; mentre gli uomini e le donne in divisa ne maturano molte di più, più del doppio. Queste ore in surplus, non solo non vengono retribuite, ma non possono neppure essere scontate in ferie per via della carenza di personale e per l’esigenza di impiegare le risorse di cui si dispone in missioni lungo il territorio nazionale e all’estero.

Ora, lungi da noi fare polemica e accusare il governo giallo rosso di mancanza di equità. Ma una cosa va detta: perché alla Difesa si chiede di arrangiarsi accollandosi un passivo e per le forze di Polizia, pare, si stanzi del denaro (si vocifera intorno ai 50/60 milioni di euro) con tanto di impegno nella prossima legge di stabilità? In genere quando si destinano delle somme ingenti, in aggiunta a quelle già date, è per situazioni di estrema urgenza – vedi Carola Rackete et similia.

Ma, ad oggi, non c’è nessuna situazione drammatica che possa giustificare in una legge di stabilità uno sproposito di denaro per le Forze di Polizia quando, invece, si chiede alla Difesa di tirare la cinghia.
Se così dovesse essere sarebbe una vergogna senza precedenti, dimostrerebbe che ci sono Forze che contano di più e Ministri che hanno un peso specifico diverso l’uno dall’altro.

Mentre gli attori in campo mettono in atto questo bel colpo di coda ai danni del personale militare, il Ministro Guerini, che dovrebbe tutelare gli interessi dei “suoi” uomini, che fa? Se ne sta in silenzio. Imperturbabile come una Sfinge ed enigmatico come “La Gioconda”. Per deformazione partitica, Guerini, ex Dc e ora Pd, è abituato a parlare poco, ma forse Ministro, è arrivata l’ora di farsi sentire, non trova?

O dobbiamo credere che la Lamorgese sappia farsi valere più di Lei? Così facendo avalla quello che pensano i malfidati: si vuole “sfruttare” una risorsa di eccellenza sottopagandola.

Quindi la domanda sorge spontanea: se non ci sono i soldi per Strade Sicure, che ricade sulle spalle della Difesa, il governo dove troverà il denaro promesso per il riordino dei ruoli? Chiederà, nuovamente, al Ministero della Difesa di fare economia? Metterà nuovamente i militari di fronte al fatto compiuto e per le Forze di Polizia stanzierà altri fondi indicandoli come imprescindibili e assolutamente necessari?

La sensazione che si stia giocando con il fuoco è palpabile, come lo è anche l’ormai certa consapevolezza che il personale militare e anche il Ministro Guerini siano stati presi in giro. O magari il Ministro ne è consapevole e quindi sta tacendo perché non sa come giustificarsi? Il tempo delle parole è finito. Servono i fatti. Ora più che mai.