Sindacati militari, la Lega si astiene e butta giù la maschera

Che la Lega detestasse tutto ciò che vive e prolifica dal Po in giù lo sapevamo già, ma che in questa loro lista nera figurassero anche le donne e gli uomini delle Forze Armate e di Polizia, proprio non ce lo saremmo mai aspettati.

Non fosse altro per la collezione annuale di felpe e polo sfoggiate dal loro leader ad ogni manifestazione, comizio, sagra o gita in riviera romagnola.Eppure, le avvisaglie c’erano. In fondo, loro sono e restano quelli della Padania libera, di “Prima il Nord”, dell’Inno di Mameli sbeffeggiato e potremmo andare avanti fino all’infinito.

Ad ogni modo, nel corso della Discussione al Senato sul disegno di legge: Norme sull’esercizio della libertà sindacale del personale delle Forze Armate e delle Forze di polizia a ordinamento militare, nonché delega al Governo per il coordinamento normativo, la maschera è finalmente caduta. Durante il suo intervento, il senatore Massimo Candura è stato chiaro, come mai ci saremmo aspettati da un leghista, invitando i colleghi a riflettere bene sui rischi che «una sindacalizzazione potrebbe avere soprattutto se questa legge viene considerata un punto di partenza della sindacalizzazione e non una cristallizzazione», giudicando la stessa come «pericolosa» e pregando le più alte cariche dello Stato di ragionare sulla sentenza espressa dalla Corte Costituzionale l’11 aprile 2018 in cui la Consulta si pronunciò sul tema riconoscendo i diritti sindacali agli appartenenti alle Forze Armate in quanto: «la Costituzione non prevede espliciti limiti soggettivi alla libertà di istituire o aderire ad associazioni sindacali».

Una svolta storica nell’ambito dei diritti del Personale, con la condicio iuris dell’assenso da parte del Ministro della Difesa, per la fondazione di associazioni o circoli tra militari, fermo restando i principi di democraticità, trasparenza e partecipazione nonché quelli di coesione interna, neutralità, efficienza e prontezza operativa. Tuttavia, rispetto alle nuove associazioni sindacali, la Consulta rinvia al legislatore il compito di individuarne il regime giuridico.

Ed è proprio lì che casca l’asino, perché quando si tratta di fare le leggi, i nostri politici sono sempre alle prese con i vari struggimenti del caso e non perché abbiano paura che queste possano ledere i diritti dei cittadini, tutto il contrario. La loro preoccupazione è quella di perdere voti. Altrimenti per quale motivo le belle lodi espresse dal senatore Candura su quanto siano necessarie e utili le Forze Armate, di quanto sia essenziale la loro specificità, di come tutti noi gli siamo grati, non trovano poi il loro consequenziale sunto in un assenso verso il riconoscimento appellandosi, invece, alla preoccupazione che la stessa disgreghi e divida in fazioni l’intero Comparto, al pari di un qualsiasi ente pubblico o privato? «Non siamo convinti che i limiti e la parte regolatoria attribuita dalla Consulta al Parlamento siano state esercitate con sufficiente rigore», ha aggiunto il senatore leghista, che in soldoni equivale a dire non sappiamo che pesci prendere, e da qui il voto di astensione che è un po’ come assumere una posizione pilatesca, senza esporsi, attendendo l’evolversi degli eventi, pronti non appena le cose si mettono male ad urlare a gran voce “Io l’avevo detto”. Troppo comodo, troppo ambiguo, per nulla chiaro. 

Caro senatore Candura, delle due l’una: o si riconosce la specificità e con essa tutto ciò che comporta, o non la si riconosce. Non ci sono alternative o crediamo ancora alla favoletta che si vada tutti d’amore e d’accordo e stai a vedere che proprio il sindacato rovinerà questo clima da Vigilia di Natale? Forse sarebbe ora che la Lega prendesse una posizione, e non solo su questo tema, perché così facendo altro che perdere qualche migliaio di voti, si rischia molto peggio: di essere evanescenti. 

 

Commenti

  1. io, da militare, sono assolutamente d’accordo a lasciare il carrozzone dei sindacati fuori dalla porta. Che continui pure a difendere i fannulloni altrove, ma non qui.

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