
SuperJet affonda, Roma dorme: il Made in Italy vola… via
Mentre Urso gira l’Italia declamando il “made in Italy”, un altro pezzo di industria rischia di sparire nell’indifferenza generale: SuperJet International (SJI), azienda veneta dell’aeronautica, ormai appesa a un filo. Il progetto di rilancio attraverso l’assemblaggio del SSJ-100 negli Emirati Arabi Uniti, sostenuto dal fondo Mark AB Capital, procede all’estero, mentre in Italia si trascina fra rinvii, paure burocratiche e paralisi politica.
In Russia, la vendita del 90% di SJI da UAC a Mark AB è stata esaminata, autorizzata e dichiarata non soggetta ai vincoli della legge sugli asset strategici. Insomma: semaforo verde. In Italia, invece, Mark AB si è rivolto già nel 2023 al Demanio per avviare la transazione. Nessun veto formale, ma decisione rinviata al settembre 2025, come se l’azienda potesse sopravvivere due anni di limbo.
Nel frattempo, SJI collassa: taglio del personale del 30%, cassa in caduta, valore degli asset che si erode. E un rischio concreto che gli azionisti russi — e la società stessa — citino in giudizio il Demanio per non aver tutelato il valore dell’impresa. La pratica è ferma nel Comitato per la sicurezza finanziaria, dove pesa il timore — irrazionale — che l’operazione favorisca Mosca. Il Ministero dell’Industria sostiene il progetto, Urso si spende, ma il MEF blocca tutto.
Ora, dalle ultime informazioni, la transazione sarebbe stata respinta, aprendo la strada alla bancarrotta di SJI. Ecco l’ennesimo capolavoro: per non “favorire la Russia”, si favorisce soltanto il declino industriale italiano. Urso parla di difendere il made in Italy, ma mentre lui è in passerella, un’altra eccellenza rischia di sparire. E il conto, come sempre, lo pagano lavoratori e territorio.
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