TELECOMUNICAZIONI, STA PER INIZIARE NEL CAOS L’ANNO SANTO: DALLA RETE UNICA A SPARKLE, IN ATTESA DEI MIRACOLI DI LABRIOLA
Il business delle telecomunicazioni è ormai diventato una sorta di grande partita di calcio con una pletora di squadre contemporaneamente in mezzo allo stesso campo. Falli, spintoni, giocatori che improvvisamente cambiano maglia. Non si capisce più nulla.
C’è Open Fiber, che deve essere salvata dal desiderio di FiberCop di “mangiargli” la fibra. C’è KKR che ha speso una valanga di miliardi per comprare FiberCop e si ritrova una rete vecchiotta e in rame da convertire in fibra. C’è il Mef, che è socio di KKR in FiberCop, ma è anche proprietario di Cdp, a sua volta socia in Open Fiber che però è in concorrenza con FiberCop.
C’è poi Tim che ha perso il beneficio di avere l’infrastruttura, venduta a KKR, e deve provare a stare in piedi da sola in un mercato ipercompetitivo, con Vivendi e i suoi lobbisti sempre pronti a organizzare qualche trama, nonché in mezzo alla concorrenza sfrenata sempre in agguato.
L’amministratore delegato della compagnia telefonica ex monopolista, Labriola, ha presentato un piano industriale molto ambizioso (che nella primavera scorsa non incontrò esattamente il favore del mercato) e prega a mani giunte che si verifichino alcuni fatti.
Il primo è la fusione tra Open Fiber e FiberCop, che genererebbe per le casse di Tim un beneficio (tecnicamente un earn out) di poco meno di 3 miliardi di euro. Ipotesi, questa, che per ora sembra più aleggiare nel campo dei miracoli o comunque non si materializzerà nel breve termine, visti i rapporti tesissimi tra le due aziende guidate dagli amministratori Giuseppe Gola e Luigi Ferraris. Semmai, tra qualche mese se ne potrà riparlare, ma prima Open Fiber dovrà risolvere le sue grane con il rifinanziamento del suo debito bancario.
La seconda ambizione di Labriola è vendere Sparkle. L’azienda è strategica e possiede i cavi sottomarini dove passano i dati sensibili di molti apparati nazionali e internazionali. Qualcuno ha già espresso dei dubbi sull’opportunità di privarsi di una società così “sensibile”, ma tant’è, il capo di Tim sembra intenzionato ad andare avanti. C’è un possibile compratore, la spagnola Asterion che metterebbe sul piatto circa 750/800 milioni. Un bel gruzzoletto, verrebbe da dire. Peccato che i numeri non girano esattamente come le cronache vorrebbero far credere. Sì, perché Sparkle è iscritta a bilancio a circa 430 milioni di euro (dopo la svalutazione dello scorso anno, ha scritto Repubblica), ma la società ha anche un debito che si aggira intorno ai 400 milioni. Quindi non ci sarebbe alcuna plusvalenza da questa operazione.
Infine, il terzo fatto che Labriola spera si verifichi è il pagamento della causa che Tim ha vinto contro lo Stato italiano e che cuba un miliardo di euro. Questi sì che sono soldi che tutti danno per certi, quando entreranno però è tutto da vedere perché lo Stato potrebbe comunque fare ricorso in Cassazione e, pur sapendo di perdere anche in terzo grado, guadagnerebbe del tempo prima di bonificare l’esosa cifra che graverà sulle casse di Tim.
Va detto che l’ad di Tim ce la sta mettendo tutta per trovare soluzioni per la sua azienda e domani -con la presentazione della semestrale- potrebbe dare speranze ai suoi soci. Anche perché siamo alla vigilia dell’anno santo anche delle telecomunicazioni, dove le aggregazioni tra operatori fioccheranno. E alla fine, nella caotica partita giocata nel campo delle telco, solo in pochi resteranno in piedi. Tre, o forse quattro operatori.