Dopo il malore che ha colpito Nadia Toffa – inviata e presentatrice della trasmissione le Iene – in molti si sono chiesti cosa ci facesse a Trieste in quei giorni. A questa domanda hanno risposto i suoi colleghi in diretta televisiva.
In effetti, si trattava di “scovare” il segretario generale dell’Ugl, Paolo Capone, che era nel capoluogo friulano per parlare al congresso di Fratelli d’Italia. Il servizio della Toffa, dal titolo significativo, “Un sindacato che non paga i lavoratori” riguardava il fatto che all’Enas, patronato Ugl, non si pagano gli stipendi da sei mesi.

Che Capone fosse “ricercato” dalle Iene era nell’aria da tempo essendo stati avvicinati e intervistati anche alcuni dipendenti del patronato che hanno raccontato le difficoltà di chi non riceve il dovuto da mesi e che non sa come tirare avanti. Particolarmente commovente il racconto di un dipendente Enas che vanta oltre dieci mila euro di stipendi arretrati e che alla fine scoppia in lacrime per la disperazione.
Chissà se a Paolo Capone questa scena, una delle tante che anche se non si sono viste in televisione sicuramente sono accadute all’interno delle famiglie dei dipendenti Enas, ha provocato la stessa emozione che ha pervaso i telespettatori che stavano guardando il servizio della Toffa.
A ben analizzare le risposte che Capone ha dato in modo visibilmente imbarazzato e preoccupato più di finire di fumare la sua sigaretta che di dare risposte rassicuranti alle domande incalzanti della iena, sembrerebbe proprio di no.
Ieri sera gli oltre 2 milioni di italiani che, secondo i dati Auditel, stavano davanti al televisore hanno potuto rendersi conto di come sono considerati i lavoratori che sono dipendenti di una struttura legata al sindacato e che, quindi, dovrebbero essere difesi per primi.
Capone, impappinandosi varie volte, ha dato la colpa alla BNL che ha chiuso i rubinetti dei finanziamenti e, in un pezzo di filmato non andato in onda, ma sempre riferito alla stessa intervista con Nadia Toffa, se la prende con la Procura di Roma che ancora non ha chiuso le indagini iniziate nel 2014 sulle spese pazze dell’Ugl.
Incalzato sul fatto che i soldi che arrivano dal Ministero debbono servire a pagare prima i dipendenti, Capone risponde candidamente, con un simpatico accento romanesco, che è d’accordo e che (i dipendenti) “sono i primi a esse pagati quando ce stanno le disponibilità”.
Ora, al di là del dialetto, che in interviste televisive potrebbe essere anche più curato, la prima domanda che il telespettatore si è fatta è stata quella di sapere se quando ci “sono state le disponibilità” perché questi stipendi non sono stati pagati e dove sono andati a finire quei soldi pubblici?
Capone ha dato la colpa alle banche, bene, ma allora il telespettatore sempre più ignaro di questo perverso meccanismo che funziona con i contributi statali si domanda perché la prima tranche di tre milioni e mezzo è stata “requisita” dalla banca?
Ecco allora che risponde, sempre più candidamente che quella imponente cifra “copriva la scopertura di conto delle banche” arrivando a dare la colpa alla crisi finanziaria del 2008 nemmeno parlasse della Lehman Brothers. Spiegasse invece na volta per tutte come si è arrivati ad avere una “scopertura di conto” così elevata se il Ministero elargisce contributi sulla base di ciò che l’Enas produce?
Capone poi, su pressioni della Toffa che ha invocato i controlli del Ministero (soprattutto dopo la dichiarazione del Ministro Poletti sempre nella stessa trasmissione), afferma che il Ministero “può fare tutti i controlli che vuole”.
Benissimo, a questo punto, sempre il telespettatore ignaro che vede i soldi pubblici spesi non si sa come, ascolta anche i dipendenti che denunciano il fatto che le ritenute per il fondo del TFR vengono prelevate dalle buste paga ma dal 2014 non vengono versate al fondo, si aspetta dal Ministero che questi controlli vengano fatti una volta per tutte anche per favorire le smentite a queste “illazioni” fatte da Capone.
Insomma dovrebbe essere lo stesso segretario Ugl a mettere a disposizione del Ministro Poletti tutti i libri contabili dell’Enas e tutti i movimenti che hanno determinato questa “scopertura di conto” e se c’è qualcuno che ha sbagliato è giusto che paghi.
Ci auguriamo che il segretario si faccia carico, tra una sigaretta e l’altra, del dramma che stanno vivendo i dipendenti dell’Enas. Ma forse, quando all’affermazione di Capone sul tema dei mancati stipendi ai lavoratori che dice “abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare”, ha ragione Nadia Toffa che risponde “..e cioè niente..i soldi non arrivano”.
Viva Le Iene.
Che scena imbarazzante, sembrava un bambino “beccato” con il vaso della marmellata fra le mani…. neanche riusciva a rispondete, balbettava, fra un singhiozzo e l’altro, frasi illogiche e prive di ogni intelletto….paradossale la spiegazione del mancato rinnovo del fido… proprio lui che viene da quella stessa banca che ha, in maniera più che leggittima visti i personaggi, chiuso i rubinetti. Questo è il loro nuovo(?) sindacato che difende i lavoratori e non le poltrone…. MAH!! Il bello della fiera è che vanno anche ai comizi…. elemosinando una poltrona che oltre la faccia gli salvi anche la fedina penale ma che, come sempre, avrà un prezzo molto alto! Mi chiedo se, visto il presente, non si stava meglio quando si stava peggio, pensa come siamo messi!!!!!!
NEL SEGNO DELLA CONTINUITA’…
In effetti, non ci sarebbe nulla da aggiungere alla trasmissione delle Iene sul pateracchio dell’ente di patronato Enas-Ugl, ad eccezione, ancora una volta, della più netta condanna del comportamento dei vertici di questo sindacato, che – incredibile a dirsi – hanno precipitato i lavoratori interni alla loro struttura in una condizione di precarietà quasi permanente. Mai si era vista fino ad oggi una cosa del genere ad opera di un’organizzazione sindacale, che per fine istitutivo dovrebbe avere come imperativo la tutela del lavoratore e la salvaguardia dei suoi diritti.
Bisogna dirla però tutta, con onestà e obiettività, evitando di gettare la croce su una singola persona (anche se storicamente appartenuta all’establishment ugiellino), che fungerebbe in questo caso come unico capro espiatorio.
Le premesse del dissesto economico e del tracollo morale di questo sindacato hanno, infatti, il loro incipit già nel lontano 2006, anno in cui lo scettro del comando venne generosamente e inspiegabilmente ceduto dal segretario uscente Stefano Cetica a quella che sarebbe divenuta la “femme prodige” del nuovo corso dell’Ugl: la sig.ra Renata Polverini (da ex nemica mortale dello stesso Cetica, da lui licenziata in tronco, ad amica per la pelle, riassunta nel giro di una settimana).
Ed è da tale data che inizia l’ascesa carrieristica dell’ex impiegata Ugl e di alcuni suoi fidi scudieri (grazie all’uso del sindacato come trampolino di lancio) e la discesa graduale ma inesorabile dell’organizzazione di Botteghe Oscure (ex Via Margutta). Una discesa che porterà progressivamente allo sbaraglio la confederazione, la sua organizzazione periferica e le strutture sindacali aziendali in tutta Italia, e alla ribalta della cronaca giudiziaria, con avvisi di garanzia per appropriazione indebita e altre imputazioni ignominiose, i vertici sindacali (la vicenda Centrella – l’uomo imposto nel 2010 dalla stessa Polverini a succederle alla guida del sindacato – ne è l’esempio più emblematico e ripugnante), scatenando una sanguinosa lotta intestina tra i partigiani delle varie fazioni in lotta, che si sbraneranno a vicenda. Fino all’apparente “pax” contemporanea, che sembra però più ritagliata sulla famosa frase ciceroniana contenuta nelle Filippiche: “[…] si bellum omittimus, pace numquam fruemur”.
Ma sono tutti avvenimenti tristemente arcinoti, che attendono ancora il pronunciamento della giustizia (se mai ci sarà). Le imprese politico-sindacali delle gestioni Polverini-Cetica-Centrella furono ben riassunte nei numerosissimi articoli che dal maggio del 2006 in poi apparvero sul quotidiano di sinistra nazionale Rinascita e sul periodico del socialismo nazionale Italia Sociale.
La gestione odierna del sindacato by Paolo Capone – anche lui “un unto del Signore” (o meglio della signora) alla segreteria generale Ugl – s’intende, prima del divorzio e della messa alla porta della coppia fatale per sua stessa mano, dopo aver parato il colpo del fallito tentativo di estrometterlo dalla segreteria (la sua successiva elezione è tra l’altro ancora molto controversa dal punto di vista legale) – si svolge nel segno della continuità dell’operato dei suoi predecessori: dall’uso sfacciatamente strumentale della storia del sindacalismo nazional-rivoluzionario, finalizzato alla ricerca disperata di consenso in calo vertiginoso, alle candidature politiche nel caravanserraglio partitico del destrismo italiota, nel tentativo di conquistare l’agognata poltrona politico-istituzionale. Insomma, un copione già visto in passato e che è ora ripetuto, sullo stesso palcoscenico, dagli attuali attori e comparse.
La vicenda corrente dell’Enas-Ugl, penosa e ributtante, è solo la conclusione (forse) della triste storia – umana, politica e sindacale – che ha caratterizzato tale organizzazione e i gestori che l’hanno rappresentata nella fase terminale della sua esistenza, tutti aventi come comune denominatore la nascita, lo svezzamento e la crescita nel vivaio del destrismo utilitaristico politico e sindacale.
Vedremo ora se, dopo la trasmissione televisiva, in cui abbiamo visto un re nudo e pure spellato, e la tirata in ballo del Ministero del Lavoro, un qualche giudice a Berlino si degnerà di approfondire la questione e di accertare responsabilità ed eventuali reati.
Come posso non riportare questa assurda ipocrisia. Capone dice, in un post di Facebook, “È un silenzio grave e sconcertante quello della multinazionale Ideal Standard che non si degna neanche di proporre una data alternativa per l’incontro con il Mise. Vorremmo sapere dall’azienda se esiste un piano industriale volto a salvare i 500 lavoratori della fabbrica e dell’indotto o se questa agonia è solo l’anticamera di un definitivo stop produttivo dello stabilimento.”
Suggerisco al caro AlCapone di chiederlo ai SUOI dipendenti del patronato, cosa si provi a non aver risposte da parte del datore di lavoro…. Anche loro vorrebbero sapere se ci fosse, fra una sigaretta e l’altra, un piano per salvare i loro posti di lavoro. Strano vero, questioni di prospettive!