Sindacati, dopo Ugl scompare dalla scena sociale italiana anche l’Enas

Sindacati, dopo Ugl scompare dalla scena sociale italiana anche l’Enas

27 novembre 2017

Sono ormai oltre sei mesi che i dipendenti dell’Enas, il patronato di Ugl, non ricevono lo stipendio perché le banche rifiutano all’ente ogni intervento finanziario. Questo perché il ministero del Lavoro non considera più l’Enas tra i patronati rappresentativi non avendo questo raggiunto il punteggio minimo per ricevere i contributi pubblici previsti dalla normativa vigente.

Mentre circa 270 famiglie sono in attesa di sei mensilità, Ugl, il sindacato promotore di quel patronato, mette in piedi un accordo con un altro patronato, l’Acai, che, a quanto risulta, finanziariamente non naviga in buone acque, ma ha superato la soglia minima prevista per ricevere i contributi pubblici.

Alla fine saranno due debolezze che cercheranno di fare una forza anche se, con il punteggio che l’Enas ha raggiunto in questo ultimo anno, si possono coprire, forse, le spese al massimo di 60/70 dipendenti e, quindi, a meno che l’Acai non abbia vocazioni altruiste e benefiche, significa che almeno 200 lavoratori dell’Enas saranno considerati in esubero e licenziati.

L’Enas è stata una struttura di supporto all’attività del sindacato della Cisnal prima e dell’Ugl poi che, in molti casi, ha contribuito a tenere aperte le sedi sul territorio e ha fornito anche validi dirigenti locali e nazionali.

E’ indubbio che il declino di questo patronato ha inizio nel momento in cui è iniziata la corsa verso il basso del suo sindacato di riferimento e, soprattutto in questi ultimi 7/8 anni, ha sopportato un mal governo di tutto il sistema organizzativo e politico sfociato nella grande crisi organizzativa e politica che si è creata dopo le dimissioni di Giovanni Centrella da segretario generale.

Ci sono state, poi, le discusse (dalla magistratura) elezioni di Francesco Paolo Capone alla segreteria generale che hanno creato una situazione di ingovernabilità del sindacato. Ma, nel bene e nel male, tutto si è mantenuto all’interno dell’organizzazione anche con l’opposizione di un gruppo di sindacalisti che rivendicava il rispetto delle regole statutarie.

Oggi quell’opposizione è stata messa definitivamente a tacere sia attraverso espulsioni, sia con dimissioni volontarie, sia con promesse e lusinghe “ben accettate” dagli ex rivoltosi e quindi si è creata una sorta di “Pax Romana” che permette all’attuale segretario generale di dormire sonni tranquilli.

Così mentre nel sindacato tutti (i sindacalisti) sono stati “accontentati”, nel patronato, che è un organismo vigilato dal ministero del Lavoro, a rimetterci sono e saranno solo i dipendenti che, alla luce dei fatti, se va bene forse riusciranno, nel tempo, a ricevere gli stipendi arretrati ma che non hanno nessuna garanzia di mantenimento del posto di lavoro.

Sono decine i lavoratori che in questi giorni, stanchi di questa situazione, stanno dimettendosi e chissà se riusciranno a ricevere il TFR, tutto questo mentre nel sindacato nulla si fa per dare certezze a tutti questi lavoratori che dovrebbero essere i primi ad essere difesi da un sindacato che tale vuole definirsi.

Capone & C. nel frattempo sono impegnati a cercare di convincere (ma ci riusciranno sicuramente vista la platea) i componenti il consiglio nazionale a far celebrare il congresso confederale prima delle elezioni politiche della prossima primavera, magari per accreditarsi presso qualche partito del centrodestra che ancora non ha capito come stanno realmente le cose in quel sindacato e magari è disposto anche a dare qualche collegio a “noti personaggi” che deambulano in via delle Botteghe Oscure in cambio del nulla.

Da fonti attendibili si ha notizia che i delegati partecipanti al congresso non saranno eletti dai lavoratori partendo dal basso, come avviene “regolarmente” in ogni organizzazione sindacale, ma nominati dai rappresentanti in carica delle strutture regionali e delle federazioni nazionali di categoria.

In pratica, se così sarà, agli attuali iscritti al sindacato sarà impedito ogni forma democratica di partecipazione per la scelta dei loro vertici territoriali o di categoria che dovranno rappresentarli al congresso confederale.

Inoltre “i congressi”, se così vogliamo chiamarli, non tratteranno di tematiche territoriali o di categoria ma si limiteranno a “nominare” i delegati al congresso confederale che potrà così permettere a Capone di essere eletto ancora una volta segretario generale e ancora una volta con modalità discutibili che possono essere impugnate davanti al giudice da un qualsiasi iscritto che abbia intenzione di farlo.

Capone & Co. giocano, però, sul fatto che ormai l’opposizione interna non esiste più per i motivi sopra citati e quindi, “rebus sic stantibus”, non ci saranno ricorsi e lor signori si potranno permettere, ancora una volta, di fare e disfare le regole a proprio uso e consumo.

C’è poi un’altra novità, data però per scontata da tempo, rappresentata dal fatto che l’Aran (l’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle pubbliche amministrazioni) ha convocato una riunione dei sindacati maggiormente rappresentativi per la firma del “Contratto collettivo nazionale quadro per la ripartizione dei distacchi e dei permessi alle organizzazioni rappresentative”.

Ebbene, nella lettera di convocazione l’Aran ha chiamato 13 sigle sindacali tranne la Ugl che ha perduto il grado di rappresentatività nel settore pubblico per carenza di associati e di conseguenza è fuori sia dalla contrattazione di comparto che dai distacchi sindacali.

Se a questo aggiungiamo il fatto che anche la federazione dei lavoratori del credito della Ugl ha dovuto confluire nel sindacato autonomo Fabi per ottenere qualche ora di permesso e che anche la Ugl/metalmeccanici ha firmato il contratto collettivo “per adesione” (alle scelte di CGIL CISL e UIL), la rappresentatività della Ugl è ormai un retaggio del passato che forse non tornerà più.

Mentre, però, i “sindacalisti di mestiere” in qualche modo si salveranno nelle aziende da cui dipendono (almeno quelli che un lavoro lo hanno) e altri saranno salvati “dalla politica”, i dipendenti dell’Enas rischiano di trovarsi da un giorno all’altro in mezzo ad una strada.

E’ un peccato perché così si è massacrata una storia sindacale di tutto rispetto e che, anche in momenti di discutibile gestione, ha saputo valorizzare (e personalizzare) 65 anni di attività a favore dei lavoratori.

Anche in questo caso, come sempre, ci atteniamo solo ai fatti che sono pubblici non volendo cadere nel gossip e cercando di dare soltanto informazione su uno dei tanti casi in Italia in cui ci sono persone e famiglie che sono costrette a pagare per gli errori degli altri. Ovviamente le nostre pagine sono a disposizione di coloro che citiamo per ogni eventuale replica che riporteremo, come fatto in passato, fedelmente e senza tagli.

Purtroppo siamo convinti che né il dottor Capone o uno dei suoi vice segretari accetteranno questo invito e pertanto saremo costretti a fare le nostre cronache dei fatti sapendo che nessuno avrà il “coraggio” di smentirci sapendo perfettamente che ciò che scriviamo non ce lo siamo inventato.

Ai lavoratori dell’Enas facciamo gli auguri più sinceri oltre che garantire loro di mettere queste pagine a disposizione di segnalazioni o notizie di rilievo (vere) che possano aiutarli a recuperare una dignità calpestata.