
Agricole verso il sostanziale controllo di Banco Bpm. L’antitrust europeo accenderà il suo faro
Torniamo a parlare di banche. Mentre il dibattito pubblico sonnecchia tra dividendi, trimestrali e qualche slogan sulla “stabilità”, i francesi di Crédit Agricole stanno completando l’operazione più delicata del risiko bancario italiano: prendersi Banco BPM senza mai chiamarla conquista. OPA no, controllo sì. Silenzioso, educato, europeo.
Oggi Agricole è al 20%. Ha chiesto di salire al 30%. Traduzione: non sto comprando la banca, sto solo assicurandomi di comandarla. E con il rinnovo del board di aprile prossimo (le liste saranno presentate a fine febbraio), se tutto va come deve andare, i francesi saranno i padroni della terza banca italiana, la più importante del Nord. Senza titoli di giornale, senza campane a festa, senza che nessuno dica chiaramente cosa sta succedendo.
Il controllo che “non c’è”, ma c’è
Qui vale la pena tornare a leggere cosa dice la Commissione europea sul concetto di controllo. Non serve detenere la maggioranza del capitale, non serve gestire il day by day, non serve nemmeno esercitare davvero il potere. È sufficiente la possibilità di esercitare un’influenza determinante sugli indirizzi strategici. È sufficiente la semplice esistenza di diritti di veto.
Bilancio. Piano industriale. Investimenti rilevanti. Nomina dei vertici.
Se puoi bloccare queste cose, controlli. Punto.
E allora la prima domanda è inevitabile. Cosa direbbe la Commissione europea sul ruolo di Agricole in BPM? Direbbe che il controllo congiunto esiste anche senza maggioranza, se un socio di minoranza dispone di diritti tali da condizionare le decisioni strategiche. Esattamente lo schema che si sta costruendo oggi in Banco BPM.
Agricole sta lavorando a una lista di minoranza. In apparenza, un gesto innocuo. In realtà, una mossa chirurgica. Se quella lista passa, le conseguenze sarebbero:
– Agricole prende la presidenza del Comitato Rischi e la maggioranza del Collegio Sindacale
– Assogestioni potrebbe far fatica a presentare una lista perché i fondi dovrebbero votare la lista di Cda targata Castagna–Tononi
– Veto francese su AD e Presidente nella seconda votazione della lista del Consiglio (genialata del ddl capitali che merita un premio alla stupidità)
Quindi, di fronte a questo ruolo di Agricole in Banco BPM, c’è un problema antitrust? Formalmente, sarà da capire. Sostanzialmente? Eccome. Perché l’antitrust europeo non guarda solo alle percentuali, guarda alla capacità di influenzare il mercato.
Quando un soggetto può condizionare strategia, rischio, vertici e investimenti di un concorrente, la linea tra partecipazione e controllo diventa molto sottile. E molto politica.


