L’algoritmo di TikTok non è un software: è un’arma

L’algoritmo di TikTok non è un software: è un’arma

20 dicembre 2025

A Washington fingono di aver vinto. A Pechino fingono di aver ceduto. Nel mezzo c’è l’algoritmo di TikTok, il vero oggetto del contendere nella joint venture appena firmata da ByteDance per evitare il bando negli Stati Uniti. Tutto il resto – cloud, governance, quote azionarie – è contorno. La partita vera riguarda chi controlla il cervello della piattaforma più potente del pianeta.

La narrazione ufficiale parla di “monitoraggio” affidato a Oracle e di una separazione tra dati, contenuti e business. Ma nessuno, nemmeno gli ex consiglieri per la sicurezza nazionale americana, è in grado di dire se l’algoritmo sia stato davvero trasferito, solo concesso in licenza o semplicemente messo sotto sorveglianza. Traduzione: non lo sa Washington, non lo dice Pechino, e ByteDance non ha alcun interesse a chiarire.

Non è un caso. L’algoritmo è il gioiello della corona. Non perché sia magicamente più “intelligente” di quello di Meta o Google, ma perché TikTok ha capito prima di tutti una cosa semplice e inquietante: il social graph è obsoleto. Contano gli interessi, non le relazioni. E soprattutto contano le micro-variazioni degli interessi, tracciate minuto per minuto, ora per ora. TikTok non ti chiede chi sei. Ti osserva.

Il formato video corto, mobile-first, ha fatto il resto: un flusso continuo, adattivo, che corregge se stesso in tempo reale. Non ti mostra ciò che ti piace. Ti allena a restare. Anche – e soprattutto – quando ti mostra ciò che non c’entra nulla con te. La ricerca accademica lo conferma: fino al 50% dei contenuti raccomandati serve a esplorare, testare, spingere, deviare. Non è personalizzazione. È sperimentazione comportamentale.

E qui cade l’ipocrisia occidentale. Per anni gli Stati Uniti hanno tollerato – e celebrato – algoritmi che massimizzano engagement, polarizzazione e dipendenza. Il problema diventa “sicurezza nazionale” solo quando l’algoritmo non è americano. Allora improvvisamente scopriamo che il codice è potere, che il feed è geopolitica, che l’attenzione è una risorsa strategica.

La verità è più scomoda: TikTok non fa paura non solo perché è cinese. Fa paura perché funziona. E perché dimostra che, nel XXI secolo, non serve controllare i media. Basta controllare ciò che le persone vedono senza sapere perché lo vedono.