L’allarme del COPASIR sulla penetrazione cinese nel tessuto produttivo italiano
Questa volta, la Sassata in fronte al governo Conte arriva dal COPASIR, il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (e di controllo sui servizi segreti). E riguarda soprattutto l’ormai sempre più allarmante livello di penetrazione dei capitali cinesi nel tessuto produttivo del nostro paese.
Sulla scorta dei dati forniti dalla Banca d’Italia e per ora aggiornati solo al 2018, salta fuori che tra il 2015 e due anni fa, i flussi di investimenti diretti (compresi quelli di Hong Kong e Macao, riferibili comunque alla Repubblica Popolare Cinese) sono passati da 573 milioni a 4,9 miliardi. Quasi dieci volte tanto. Ed è ancora peggio scoprire che le rimesse verso Pechino e dintorni, sono crollate dai 237,7 milioni del 2016 ad 1,4 di quest’anno. Segno evidente che tutti gli utili generati vengono prontamente reinvestiti in Italia verso nuove acquisizioni.
Tanto è vero che alla fine dell’anno scorso, 2019, risultano presenti nel nostro paese la bellezza di 405 gruppi cinesi, mentre le imprese italiane partecipate da questi gruppi sono arrivate a quota 760. E riguardano in particolare il settore manifatturiero, cioè uno dei punti di forza del nostro sistema produttivo.
Ma nelle 38 pagine della relazione del COPASIR, c’è anche molto altro. I campanelli d’allarme sulla tutela degli asset strategici nazionali, si sprecano. Anche se non daranno la sveglia a nessuno, tantomeno a Conte e alla sua litigiosa maggioranza. Come al solito.