
ANAS, il dissanguamento continuo per coprire i costi di STRETTO DI MESSINA ha già provocato un “rosso” di 180 milioni: ancora non basta?
Se Governo e FS non si sbrigano a nominare i nuovi vertici dell’ANAS, la più grande stazione appaltante d’Italia finirà in bancarotta. Il dover far fronte ai costi d’avviamento di STRETTO DI MESSINA e la prospettiva di essere destinata a farlo fino a fine 2024 (per poi finire autonomamente sotto il MIT) sta facendo precipitare in un buco nero il bilancio di via Monzambano. Per ora, il “rosso” è a quota -180 milioni, ma a quanto potrà arrivare tra altri sette-otto mesi?
Finora, ANAS facendo fronte a tutte le esigenze della società affidata al suo ex-AD Pietro Ciucci per la costruzione del ponte sullo Stretto: paga stipendi (molti dei quali principeschi, per le maggiorazioni ottenute), studi tecnici, affitti, espropri, rimborsi-spese per la miriade di trasferte etc etc.
Il tutto, a danno delle ditte che lavorano per via Monzambano, molte delle quali già in bilico a causa dei ritardi nei pagamenti.
E con una serie di turbolenze sindacali anche per le conseguenze della legge 104. Perché non è un mistero che parecchi tecnici, appena assunti a tempo indeterminato per normali trafile o per cause da precariato, “scoprono” di avere uno stretto familiare bisognoso di assistenza. E così scattano le richieste di trasferimento, quasi sempre da Roma in giù.
E ANAS come si difende? Risposta molto semplice: abbozza.
Con un management del tutto inadeguato ad affrontare simili emergenze e che non sa neppure dove sta di casa il MEF, cos’altro può fare di diverso dal tirare a campare? Si affida a San Salvini e a San Verdini. E prega.
LA SASSATA

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