Il gas italiano: l’ennesima commedia all’italiana

Il gas italiano: l’ennesima commedia all’italiana

05 maggio 2025

Mentre anche al governo c’è chi si balocca con le “strategie energetiche”, e i talk show ruminano l’ennesima disputa tra nucleare e fotovoltaico dopo il blackout in Spagna, nessuno parla di un piccolo, minuscolo dettaglio: il gas che compriamo noi italiani costa più di quello che si compra a un’ora d’aereo da qui. E non di poco: circa 2 euro in più a megawattora rispetto al TTF olandese, il prezzo di riferimento europeo. In Germania pagano la metà di questo sovrapprezzo. In Spagna addirittura riescono a pagare il gas meno del TTF. Noi invece paghiamo. E zitti.

Perché? Semplice: perché siamo italiani. Abbiamo rigassificatori sparsi per la Penisola – utilissimi, indispensabili, strategici, tutto quello che volete – ma molti di questi funzionano come le promesse elettorali: a scartamento ridotto. Sottoutilizzati.

Il motivo? Una miscela esplosiva di burocrazia, rimpalli di responsabilità e autorizzazioni che si muovono alla velocità di un fax. Sì, il fax: quello che in certi ministeri è ancora tecnologia d’avanguardia.

E così succede il miracolo al contrario: investiamo miliardi per liberarci dal gas russo, firmiamo contratti con mezzo mondo, potenziamo le infrastrutture. Poi, quando si tratta di usarle, ci blocchiamo. Forse per paura che qualcosa possa funzionare davvero.

Il risultato? Due euro in più a megawattora. Un miliardo l’anno. Non bruscolini, ma nemmeno abbastanza da farci indignare: siamo pur sempre il Paese dove nessuno si scandalizza finché non gli arriva la bolletta.

La verità è che in Italia ci si è talmente abituati all’inefficienza da trasformarla in sistema. Una cultura della lentezza che viene spacciata per prudenza, una paralisi amministrativa che diventa cautela istituzionale. E intanto le imprese chiudono, le famiglie arrancano, e noi continuiamo a pagare un surplus energetico per il solo gusto di farci del male.

L’autonomia energetica? La competitività? Bei concetti, da convegno. Ma se non riusciamo nemmeno a far funzionare quello che abbiamo, figuriamoci se possiamo pensare al futuro.

Una politica industriale dell’energia serve, sì. Ma prima ancora serve un governo dell’ovvio.
E magari qualcuno che accenda la luce. A patto che non costi troppo.