
Ex-ILVA, il conto che nessuno vuole pagare: “spezzatino” in agguato?
A Taranto cresce la pressione dei sindacati e dell’indotto per una statalizzazione dell’ex Ilva, ma dal MIMIT non è ancora arrivata la risposta chiave: dove trovare i circa 9 miliardi necessari per rilanciare l’impianto. Una cifra monstre che rende sempre più concreta l’ipotesi “spezzatino”, con lo stabilimento smembrato in asset più facilmente gestibili e appetibili.
A complicare il quadro c’è il nodo della produzione di acciaio da DRI, il preridotto, che sulla carta dovrebbe ridurre le emissioni ma nella realtà è una scelta industrialmente suicida. Non a caso, Mittal ha sospeso il progetto in Francia – e parliamo di un Paese con energia nucleare a basso costo. Se il DRI non è sostenibile lì, figuriamoci a Taranto, dove il costo dell’energia è strutturalmente più alto.
La verità è che, al massimo, si possono tagliare in parte le emissioni di CO2 alimentando i nuovi forni elettrici con rottame, sul modello Arvedi, e non con DRI.
Diversamente, l’unica strada sarebbe che lo Stato finanziasse interamente la produzione di preridotto, ma sarebbe un salasso senza ritorno. Vale la pena trasformare Ilva in un pozzo senza fondo per le casse pubbliche pur di accontentare la comunità locale convinta che si possa decarbonizzare totalmente Taranto mantenendo competitività?
Un’uscita di sicurezza potrebbe essere l’inserimento di una parte dell’investimento di Taranto nella produzione di acciai per il settore della Difesa.
In questa maniera non si eviterebbe lo spezzatino ma almeno si intraprenderebbe un’azione di ampio respiro geostrategico utile all’interesse nazionale.
Perché la verità che nessuno ha il coraggio di dire – è che il mercato italiano non può permettersi di sostenere due poli siderurgici integrati: Piombino e Taranto.
E al MIMIT, e’ il timore, la scelta l’hanno già fatta. Perche’ dunque non dirlo chiaramente?
LA SASSATA

Libia e segreto di Stato: dal traffico di influenze al traffico di “veline” per colpire i servizi

Coriglioni, criptovalute e San Marino/Doha, una triangolazione che merita di essere monitorata
