Banche, banchieri e media “silenziati”: vietato scavare su Monte Paschi (e Gronchi)

Banche, banchieri e media “silenziati”: vietato scavare su Monte Paschi (e Gronchi)

07 gennaio 2018

Pronti, via. Chiusa la parentesi delle feste, si ricomincia. Il primo settore produttivo (si fa per dire) a mettersi in moto, è quello del credito. Sufficientemente tranquillizzata dalle audizioni-farsa davanti alla Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla crisi delle banche, parte la fusione tra Crédit Agricole-Cariparma e Cassa di Risparmio di San Miniato.

Mandati a casa a fine anno 120 dipendenti (ma con i prepensionamenti saranno poi 150), pari ad oltre un quinto del totale (600), si attendono ora le decisioni dei nuovi proprietari francesi per quanto riguarda chiusura di sportelli e marchio futuro da adottare.

Intanto si è insediato il nuovo management. Talmente nuovo che il presidente di Carismi incaricato di pilotare i resti della gloriosa banca verso i nuovi lidi è nientepopodimeno che l’immarcescibile Divo Gronchi, classe 1938, che proprio in questi giorni compie appunto la tenera età di 80 anni.

Qualche mese fa, quando era ancora amministratore delegato dell’istituto, aveva giurato di essere pronto a ritirarsi per godere della fantasmagorica pensione accumulata negli ultimi cinquant’anni.

Non sia mai. Per un’operazione così delicata, pare davvero che fosse l’unico banchiere in grado di caricarsi sulla schiena una soma così pesante. Complimenti vivissimi agli azionisti d’oltralpe, che evidentemente devono poter contare su “cacciatori di teste” di sicuro affidamento. Ecco, se a questo proposito se ne potesse sapere qualcosa di più, non sarebbe affatto male.

Perché, anche se i media nazionali si guardano bene dall’andare ad approfondire i retroscena di questa fusione-salvataggio, che vede l’ottuagenario ad di una banca in crisi che ne diventa presidente per continuare a controllare il flusso di quei generosi fidi che l’hanno portata al tracollo, forse qualcosa che non quadra ci potrebbe essere. O no?

E che in tutta l’operazione ci siano delle ombre, sembrerebbero confermarlo anche le polemiche dimissioni del notaio Mario Marinella dalla carica di presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di San Miniato.

Pur senza entrare correttamente nel merito della rinuncia all’incarico, Marinella non ha infatti nascosto le “amarezze” maturate durante la transizione dell’istituto di credito verso la nuova proprietà. A chi o a cosa si riferiva il notaio?

Forse glielo avrebbero potuto chiedere in Commissione Parlamentare, se qualcuno avesse davvero voluto approfondire i retroscena del terremoto bancario provocato in Toscana (ma sarebbe meglio parlare dell’Italia Centrale e del Veneto) dalla lunga crisi del Monte dei Paschi e degli istituti di credito controllati o significativamente partecipati dalla banca senese, feudo storico prima del PCI, poi del PDS, dei DS e infine del Pd (con contorno di verdiniani).

Ma questo è un discorso che merita di essere fatto a parte. Così come quello sulla lunga e prestigiosa carriera di Divo Gronchi, vero e proprio “dominus” del credito per più di quarant’anni nell’area territoriale targata MPS. E naturalmente mai sentito da Casini e dagli inutili parlamentari della Commissione d’inchiesta sulle banche.

(1-continua)

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UBI BANCA E LA CYBERSECURITY DELLE BANCHE TERRITORIALI REGALATE

Caro direttore,

ho letto con interesse i suoi articoli sull’intervista in ginocchio a Padoan su banche e dintorni da parte del “Corrierone” nazionale nonché la prima puntata della lodevole inchiesta del suo sito sui retroscena del nuovo management di Montepaschi.

Volevo informare i lettori di sassate.it che scendendo dai massimi sistemi e dalla macro economia bancaria ai problemi di tutti noi poveri utenti bancari stanno accadendo cose incredibili a margine delle fusioni con cui, ad esempio, Ubibanca è entrata in possesso di Banca Etruria, Banca Marche e Cari Chieti. Fusione costata un euro per ciascuna banca rilevata con un costo di 2,2 miliardi per il fondo Atlante che invece si è beccato i crediti deteriorati.

Le vorrei parlare di cose pratiche che nulla hanno a che vedere con eventuali conflitti di interessi e altre amenità di cui hanno blaterato alla commissione parlamentare come preludio di questa assurda campagna elettorale.

Le spiego il caso di mio fratello: aveva e ha tuttora un conto in banca Marche vicino Ancona e uno a Roma in Etruria. In entrambi aveva cercato di rimettere in funzione l’home banking dopo il 27 novembre, giorno dell’inglobamento.

Ubi dopo più di un mese dalla fusione ancora non era riuscito a riattivargli quello di Etruria.

Lui stando ad Ancona aveva delegato me per farlo. Dopo numerosi tentativi, autenticazioni di telefoni e via discorrendo finalmente lunedì mattina riesco a attivare il nuovo home banking e che sorpresa quando al cambio password mi rendo conto che non ero entrato nel conto di Etruria ma in quello di banca Marche che mio fratello invece si era già attivato da solo.

Un bug grosso come una casa che rende i discorsi sulla cyber security roba da barzellette.

Se fossi stato un fratello disonesto avrei potuto ripulire il conto di mio fratello in banca Marche e buonanotte.

Ho dovuto telefonare a mio fratello, che sta valutando l’ipotesi di chiudere i rapporti con la banca data la paradossalità della cosa, nonché ho telefonato a Roma alla ex filiale di Etruria chiedendo al gentile funzionario che mi ha pazientemente seguito per un mese (e che non sa più a quale santo votarsi) se si poteva sanare la cosa.

Totale? A partire dal 27 novembre a oggi che è l’8 gennaio mio fratello non è riuscito ad avere l’home banking dell’ex conto in banca Etruria inglobato da Ubibanca e ha constatato come sia fallace la sicurezza del rapporto di home banking che invece lui aveva su banca Marche.

Quando ministri come Padoan si fanno belli della sicurezza del nostro sistema bancario io vorrei sapere di cosa stiamo “stra” parlando.

Lettera firmata