Cda Rai, votazioni: Paolo Favale è arrivato ultimo. Ora può tornare a respirare
Non ce l’ha fatta Paolo Favale: tra i cinque “papabili” scelti dal Movimento Cinque Stelle per una poltrona del Cda di viale Mazzini, è arrivato ultimo. Solo 2.414 preferenze. Beatrice Coletti, a capo delle produzioni del Gruppo Fox e di Freemantle Media Italia, ha vinto con 6.577 voti. Mentre Favale si lecca le ferite, ripercorriamo quanto successo ieri, quando è venuta fuori la notizia che l’avvocato – che vanta un’esperienza decennale nella direzione Affari Legali della Rai – era nella cinquina selezionata dal Movimento Cinque Stelle per una poltrona del Cda di viale Mazzini. Ci siamo posti qualche domanda (ed evidentemente anche i grillini). Favale poteva essere considerato il candidato giusto nel consiglio di amministrazione della Rai, dalla quale fu licenziato in tronco nel 2014 per aver fatto uscire documenti e informazioni riservati e prodotti proprio durante una di quelle assemblee? E soprattutto, quando ha inviato il suo curriculum in Parlamento per proporre la sua candidatura, aveva fatto cenno dell’accaduto? Avevamo anche dato notizia che la Corte di Cassazione, con sentenza depositata il 10 luglio 2018, aveva annullato il provvedimento della Corte d’Appello di Roma di licenziamento per giusta causa. Senza però negare le circostanze in cui erano avvenuti i fatti. Il che, ribadiamo, ci faceva nascere il dubbio che Favale fosse la persona più adeguata per quel ruolo. L’articolo è stato online tre ore. Ed è stato letto da 33 coraggiosi utenti. Dopodiché, alle 20:04 di ieri – abbondantemente oltre il normale orario di lavoro – l’avvocato Favale mandava al direttore della testata una richiesta di rettifica (da lui firmata, però redatta parlando di sè in terza persona) alla quale prontamente rispondevamo alle 20:13 – ben nove minuti dopo – dicendogli che l’articolo in questione era stato eliminato. Ma non era abbastanza per lui. Contestando il nostro concetto di “tempestività”, e convinto che proprio il nostro sito potesse danneggiare la sua reputazione, riportando quella vecchia storia, ha ribadito la necessità di pubblicare la rettifica – letta da 103 utenti – in cui sostanzialmente diceva che eravamo brutti e cattivi e volevamo impedirgli di tornare in Rai dopo la brusca cacciata nel 2014. E così abbiamo fatto. Perché siamo brutti, forse, ma cattivi no. Ora che le votazioni del M5S sono chiuse e Favale può mettersi l’anima in pace, ribadiamo il concetto: a nostro avviso, per carità opinabile, la sua candidatura ci continua a sembrare inopportuna. D’altro canto la notizia del suo licenziamento legata alla sua possibile designazione era stata data anche dal Sole 24 Ore e dall’Huffington Post. Ma abbiamo il dubbio che il problema non fosse la notizia in sé, quanto un’irrisolta questione personale con chi l’aveva diffusa all’epoca. Ma sì, ha ragione Favale: siamo brutti e anche cattivi.