La Consulta sconfessa Orlando e le sue furbate sulla legge Pinto
Già la legge Pinto non funzionava prima che il governo Monti (e in seguito Andrea Orlando) ci mettesse su le proprie mani furbette. Dopo è andata ancora peggio. Oggi il redde rationem è arrivato dalla Consulta: basta paraculate, superato il periodo ritenuto congruo dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, anche se il processo civile è ancora pendente, chi ha fatto richiesta va risarcito.
E secondo i parametri europei, non quelli notevolmente ridimensionati dalla legge 7 agosto 2012, numero 134, che avevano fissato a un massimo di mille euro l’anno il rimborso per ogni annualità eccedente i quattro anni per il primo grado. Orlando addirittura aveva portato la cifra a settecento euro.
La Corte ha anche stigmatizzato il tentativo della avvocatura dello stato di resistere alle eccezioni di costituzionalità sollevate da ben quattro ordinanze di remissione della sesta sezione civile della Cassazione subordinando il risarcimento al merito della sentenza.
Cosa che oggi la Consulta con la decisione numero 88, relatore Aldo Carosi, ha escluso: va risarcito il ritardo come denegata giustizia a prescindere se la causa – di chi propone l’istanza di rimborso da parte dello stato – abbia esito positivo o negativo.
Questa la locuzione usata per tacitare il governo e l’avvocatura dello stato: “D’altronde, se i parametri evocati presidiano l’interesse a veder definite in un tempo ragionevole le proprie istanze di giustizia, rinviare alla conclusione del procedimento presupposto l’attivazione dello strumento – l’unico disponibile, fino all’introduzione di quelli preventivi di cui s’è detto – volto a rimediare alla sua lesione, seppur a posteriori e per equivalente, significa inevitabilmente sovvertire la ratio per la quale è concepito, connotando di irragionevolezza la relativa disciplina.”
Lo stato italiano da questa sentenza esce a pezzi: come un ente nemico del cittadino e come un nemico che ci prova sempre a buggerarlo.