Difesa/Leonardo, dopo la vergogna del “caso D’Alema-Profumo”, non resta che invocare: “Aridatece FINMECCANICA!

Ma cosa sta accadendo nella più grande azienda  manifatturiera italiana? Che clima si respira all’interno di Leonardo? Cosa fanno, management e dirigenti?

Non si tratta di fare gossip, sono domande legittime, perché riguardano una parte importante del PIL nazionale ed un’azienda strategica come poche altre, visto il momento e le decisioni della UE di diventare anche potenza militare. E allora è proprio il caso di domandarsi: come arriva questa (fu) eccellenza italiana della Difesa ai blocchi di partenza per questa sfida epocale?

Bene, avete presente i vecchi film western-spaghetti dove del saloon e delle case del villaggio c’erano solo le facciate esterne? Ecco, Leonardo ormai è così. La tripla cura Magistratura-Moretti-Profumo l’ha ferita quasi mortalmente, ma nessuno al governo e in parlamento sembra essersene accorto e grazie alle lobby che controllano i media, l’indifferenza è totale. La politica (cioè i partiti ed in particolare il Pd), ha fatto scelte per il vertice senza neppure curarsi di sapere che questo genere di aziende sono diverse da tutte le altre: fanno poche decine, al massimo centinaia di particolari prodotti. Taylormade, non fabbricazioni di massa: aerei, elicotteri, droni, radar, carri armati, blindati, cannoni, siluri, sistemi di sicurezza e di difesa elettronici sia terrestri che navali etc etc.

Ad occuparsene, PD ed alleati del momento, hanno mandato prima un esperto di ferrovie ((cioè di un mercato monopolista) come Mauro Moretti, con investimenti finanziati dallo Stato, zero ricerca e fatturato garantito sempre da denaro pubblico. Poi, è toccato ad un banchiere, però non uno qualsiasi, ma proprio chi aveva pontificato sulle “banche etiche”, Alessandro Profumo, in arte “Arrogance”. Perché, aveva spiegato, sono “etiche” solo quelle che non finanziano le industrie che producono sistemi d’arma (salvo poi magari, dopo essersi creata un’immagine “pura”, fare i peggiori impicci in altri campi). Come Leonardo, appunto.

Insomma, sulla carta due ottimi manager, ma certo inadatti a gestire e rilanciare un colosso industriale della specificità dell’ex-Finmeccanica (altra nefandezza di Moretti,  il cambio di nome).

Morale della favola: il “Ferroviere” ha distrutto il futuro dell’azienda  bloccando tutti gli investimenti, tagliando e vendendo asset e cacciando i migliori dirigenti tecnici; mentre “Arrogance” si è circondato di manager surreali che per la maggior parte farebbero fatica a fare i dirigenti in una azienda di medie dimensioni. Vediamo i casi più eclatanti.

Al commerciale, settore strategico per chi dovrebbe vendere, soprattutto all’estero, c’è Pasquale Di Bartolomeo, brava persona, serio, onesto, ma che vale la metà del suo predecessore  Lorenzo Mariani (mandato in esilio a MBDA Italia da Profumo, con cui era stato in concorrenza come possibile AD) e un terzo di quelli prima. Come mai? E’ inchiodato alla sua poltrona e a differenza dei “competitor”, non si muove quasi mai dal suo ufficio di Piazza Montegrappa. In compenso, pare abbia la capacità di criticare e parlare male di chiunque, facendo finta di fare il contrario e finendo così per seminare zizzania.

Il responsabile delle strategie, vale a dire chi dovrebbe programmare il futuro si chiama Enrico Savio. Viene dalla Polizia di Stato e dai Servizi, allievo e pupillo dell’ex-presidente Gianni De Gennaro, era una persona stimata e rispettata nei suoi incarichi precedenti. Peccato che Profumo l’abbia posto a capo di un settore tanto delicato quanto avulso dalle sue doti. Infatti le strategie non esistono ma nel contempo Savio finisce per bloccare le iniziative -anche promettenti- degli altri. Il risultato è la paralisi. Forse sentendosi in pericolo, ha chiesto e ottenuto di potersi riparare sotto l’ombrello dell’ex-ministro Marco Minniti, ora a capo di una delle due fondazioni di Leonardo (l’altra,sempre per restare all’interno del monocolore Pd sul comparto Difesa, è invece appannaggio di Luciano Violante). E le malelingue spettegolano spettegolano pure sull’inutilita’ del suo mega–stipendio.

Altro ex-poliziotto in carriera è Tommaso Profeta, messo a capo della cyber. Anche per lui, stesso discorso di Savio: scarsa padronanza della materia. E difatti l’azienda è quasi completamente fuori da quest’area di business che invece dovrebbe far parte del core. Ma va bene così, poco importa, perché l’unico interesse dell’AD sembra essere quello di gonfiare i conti di quest’anno, inventarsi un dividendo e garantirsi altri dodici mesi al vertice. Per poi cercare di prendere il posto del generale Luciano Carta alla presidenza e continuare a governare attraverso un “fedelissimo” come l’attuale DG Valerio Cioffi.

Sempre che,  naturalmente, non arrivino dal gip di Milano, Guido Salvini, altre brutte “grane” giudiziarie targate MPS.

Stesso livello di valore, purtroppo, si trova in altri settori rilevanti. La CFO Alessandra Genco, pare sia stata messa lì da Profumo soprattutto per le ben note “necessità di genere” che stanno molto a cuore alla moglie dell’AD, Sabina Ratti, che i pettegolezzi aziendali indicano come il “commissario politico Pd della famiglia”. Per carità, si tratta di una manager brava e preparata, ma che in un colosso come Leonardo dovrebbe al massimo essere la numero 3 o 4 del settore finanziario, perché ritenuta non all’altezza di andare a fondo nei segreti e nella polvere sotto il tappeto, accumulatasi in questi ultimi anni.

Non è finita, dal momento che, dopo i problemi creati da Simonetta Iarlori (che non era riuscita a gestire le 500 persone di Cdp, trovandosi poi a gestire le 50.000 di Piazza Montegrappa) anche il suo successore alla guida delle Risorse Umane, il simpatico giovane e rampante Antonio Liotti, non pare brillare particolarmente. Troppa responsabilità e troppo poca esperienza e preparazione per un’azienda come l’ex-Finmeccanica. 

Conclusione. Il clima che si respira in Leonardo è pessimo. Perché neppure il DG Cioffi, un bravo ingegnere aeronautico, è in grado di sopperire da solo all’ignavia di Profumo sulle politiche industriali (ne’ scansare per tempo i suoi. oscuri quanto improbabili intrecci tipo quelli del “clan D’Alema”).

Il risultato è che Leonardo non ha più prodotti competitivi, quelli che ha sono a fine vita, i dirigenti (soprattutto i più giovani) sono demotivati e perde o non viene quasi più chiamata a partecipare alle gare appetibili. E la guerra in Ucraina, ha dimostrato che anche i turchi c’hanno superato. Brutti tempi, anzi bruttissimi. Chissà se a Palazzo Chigi e al MEF ci sara’ qualcuno capace di accorgersene. E di intervenire.

Commenti

  1. ci vorrebbe una cura militare… ora, non quando sarà ormai impossibile recuperare! La citazione turca è reale e dovrebbe far riflettere. Ormai Leonardo è solo un carrozzone capace di soffocare i piccoli e senza alcuna lucida strategia futura… consegnatela a qualcuno con un pò di vision finchè c’è qualcosa ancora da rilanciare! Oppure preparatevi ad un’altra Alitalia.. Povero Paese…

  2. Ed intanto i giovani dirigenti, figli dei vecchi dirigenti, gonfiano il loro stipendio e quelli dei loro fedelissimi; le giovani leve sono mortificate dalle non scelte degli attuali manager e s’intristiscono professionalmente.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Ultimi Articoli

Rimani in contatto

1,253FansLike
1,323FollowersFollow
2,571SubscribersSubscribe

Ultimi Articoli