Difesa: stallo nel ritiro dall’Afghanistan e due settimane potrebbero essere poche

Si complica il ritiro dei nostri soldati dall’Afghanistan. E ci vorrebbe un generale Figliuolo anche tra gli Emirati, l’Oman ed il Kuwait. Perché, visto che continuano a fallire i tentativi diplomatici per cercare di rasserenare gli animi dei paesi arabi nei confronti dell’Italia, ora occorre un esperto di logistica capace di individuare strade alternative per il rientro di uomini, mezzi e strutture in via di smobilitazione ad Herat. Non potendo essere rimesso in discussione il termine delle operazioni di rimpatrio al 30 giugno, in queste due settimane bisogna trovare almeno un altro scalo alternativo a quello di Al  Minhad, che gli Emirati hanno di colpo interdetto.

Della “grana” si sta occupando anche il consigliere militare di Draghi, il generale De Leverano, già alla guida del COMLOG dell’Esercito prima di Figliuolo, ma il sentiero che ha comunque davanti la nostra Difesa, è molto stretto. Certo, c’è stata un’apertura da parte del Kuwait, ma il tempo per organizzare una via alternativa al rimpatrio è davvero poco.  Per esempio, non si sa ancora come recuperare i mezzi e le strutture bloccati ad Al Minhad. Col serio rischio di dover abbandonare tutto nelle mani degli emiratini.

Insomma, comincia a profilarsi lo spettro di un nuovo piccolo 8 Settembre del ‘43. In grado di far dimenticare in fretta i confortanti risultati ottenuti sul campo dalla nostra missione militare e dai nostri magnifici soldati impiegati in Afghanistan in questi anni. Per non parlare del prezzo, anche in vite umane, che siamo stati chiamati a pagare.

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