Ex-ILVA, un caso che assomiglia sempre più a quello dell’Alitalia: solo investitori stranieri, mentre quelli italiani vanno all’estero
Situazione di stallo sul fronte Ilva. La bassa offerta presentata dal gruppo indiano Vulcan Green Energy, pari a circa 72 milioni, rispetto a quella azera di Baku Steel a 450 milioni, ha scompaginato i piani del Governo. Stando a fonti interpellate da Sassate, infatti, l’intenzione dei Commissari era quello di far leva sull’offerta azera per spingere al rialzo quella indiana. Ma il gruppo indiano non è caduto nella rete e sul piatto ha messo una cifra molto più bassa delle attese. Nell’offerta, Vulcan Green Energy ha considerato i futuri costi delle emissioni di CO2 pari a circa 450 milioni ai prezzi attuali. L’offerta di Baku, includendo i costi menzionati, sfiorerebbe pertanto 1 miliardo.
Il problema è che il piano industriale di Baku è molto più debole di quello di Vulcan, come abbiamo già scritto.
Una bella gatta da pelare per i Commissari che rischiano di dover gestire sine die una realtà che perde botte da 50 milioni al mese.
Con buona pace del Commissario straordinario Giancarlo Quaranta che nei mesi scorsi avrebbe detto a esponenti del Governo che vendere l’acciaieria sarebbe un peccato. Insomma, Ilva assomiglia sempre di più al caso Alitalia.
Nel frattempo i player italiani come Marcegaglia, dopo aver acquistato un impianto produttivo a Sheffield nel Regno Unito, stanno chiudendo l’operazione di acquisto di una seconda acciaieria a For sur Mer in Francia. Chissà perché all’estero quando si decide di mettere in vendita un asset produttivo, il sistema Paese fa di tutto per attirare investitori, mentre in Italia si fa di tutto per allontanarli.
Tanto paga Pantalone. Il ministro delle imprese Adolfo Urso non ha nulla dire?