Pressoché ognuno di noi ha un profilo Facebook. Salvo rare eccezioni se non hai una pagina sul popolare social network probabilmente non esisti.
Crearne uno è semplicissimo. Basta inserire nome e cognome. Ma che succede se il proprio cognome è considerato al pari di una parolaccia? Chiedetelo a Caio Giulio Cesare Mussolini, pronipote del Duce. Lui un profilo Facebook lo ha (anche se per aprirlo, come lui stesso scrive, ci ha impiegato ben tre settimane, dovendo inviare i suoi documenti anagrafici per dimostrare che non fosse un “nome d’arte”).
Poiché nella vita ricopre mansioni di alto livello, Caio Mussolini ha pensato di creare anche una pagina a suo nome. Lo fanno tutti, sedicenti “personaggi pubblici” de noantri, perché non dovrebbe farlo un ex ufficiale di Marina, già manager di Oto Melara e Finmeccanica, attualmente operativo a Dubai?
Magari poi la sua pagina non la seguirà nessuno, magari sì. Ma proibirglielo a priori per il semplice fatto di chiamarsi Mussolini – parola “non permessa” da Facebook per motivazioni che possiamo facilmente immaginare – suona più fascista del cognome del malcapitato.
È lui stesso a denunciare lo “spiacevole disguido” proprio sul social network, facendo però notare che lo stesso trattamento non è riservato a cognomi altrettanto impegnativi come per esempio quello di “Stalin”.
Due pesi e due misure? Paura di un “rigurgito” di fascismo ad opera di un “irriducibile” pronipote? O banale ipocrisia?