Giorgio Almirante, trent’anni di vuoto mai colmato
La mattina del 22 maggio 1988 Giorgio Almirante lasciava la vita terrena per entrare in quella immortale dello spirito e del mito che ancora oggi rappresenta per tutti coloro che negli anni ’70 e ’80 hanno militato nel Movimento Sociale Italiano.
Trent’anni di vuoto mai colmato e mai colmabile considerata la statura di Colui che fu definito uno dei più grandi oratori che il Parlamento abbia avuto e sicuramente l’ultimo leader di una comunità politica che da allora non ha fatto altro che abiurare a quei principi che il Movimento Sociale Italiano, durante la segreteria di Almirante, fece divenire patrimonio non solo di una parte politica ma di tutti gli italiani.
Il filo conduttore di tutta l’azione politica di Giorgio Almirante fu rappresentato dalla necessità di giungere ad una pacificazione nazionale che avrebbe dovuto chiudere il capitolo della contrapposizione tra fascisti e antifascisti, coniando un motto rimasto celebre: “Mai rinnegare, mai restaurare”.
Insomma una visione della politica, quella di Almirante, che, pur nel rispetto dei trascorsi politici di ogni singolo italiano, mirava a costruire una nazione che, per il bene di tutti i cittadini, si mettesse alle spalle il clima da guerra civile che insanguinò l’Italia con gli anni di piombo.
Almirante ebbe la forza morale e l’abilità di mettere assieme le varie anime di un partito che si divideva in liberisti e sociali arrivando a riportare, dentro l’MSI, anche coloro che avevano fatto scelte extraparlamentari basate non su logiche di terrorismo, che Almirante rifiutava a priori, ma su differenziazioni culturali e di cui Almirante seppe magistralmente fare sintesi politica.
Oggi a trent’anni dalla sua scomparsa la figura di Giorgio Almirante appare ancora più grande di quella che fu negli anni della sua segreteria politica del Movimento Sociale e soprattutto mette in evidenza la pochezza politica di tante figure che, a parole, si ispirano al suo esempio ma hanno dimenticato se non tradito i suoi insegnamenti.
Quando Almirante parlava della Costituzione nata nel dopoguerra ne parlava con un rispetto che era raro trovare in altri personaggi politici di allora e che si riempivano la bocca di parole come l’arco costituzionale e come antifascismo militante.
Almirante, negli ultimi anni della sua segreteria, cercava disperatamente a chi affidare “la fiaccola con la fiamma tricolore” affinché la traghettasse nel futuro perché non voleva fare la figura del “becchino di un partito che muore perché una generazione si spegne per motivi anagrafici e un’altra perché chiusa in galera”.
Questa ultima frase, per espressa richiesta di Almirante, non fu inserita nell’intervista che il segretario dell’MSI rilasciò a Daniele Protti nel 1980 e che lo stesso giornalista riferì dalle pagine dell’Europeo nel 2009. Giorgio Almirante dimostrava così di essere un uomo di Stato che, senza il bisogno di rinnegare i suoi trascorsi fascisti, riteneva storicizzato il ventennio e, per questo, riteneva che l’unica strada percorribile era la pacificazione nazionale.
Aveva una concezione dello Stato che non era né liberista né totalmente statalista ma si rifaceva ai principi di una “terza via” che prevedeva la collaborazione tra capitale e lavoro senza l’odiosa contrapposizione della lotta di classe. Il principio della partecipazione è anche previsto dall’articolo 46 della nostra Carta Costituzionale e per questo motivo che il gruppo parlamentare del Movimento Sociale Italiano all’inizio di ogni legislatura presentava una proposta di legge affinché si attuasse quell’articolo della Costituzione.
Ovviamente i cosiddetti partiti “dell’arco costituzionale” ignoravano tale proposta e la facevano cadere ma Giorgio Almirante insisteva e non rinunciò mai a combattere quella battaglia. Giorgio Almirante, nel 1976, si trovò a gestire la difficile situazione venutasi a creare con la fuoriuscita dal partito di oltre la metà dei parlamentari eletti e la creazione di un partito, Democrazia Nazionale, che si scioglierà nel 1979 dopo il flop elettorale che vedrà gli elettori rimanere fedeli alla linea di Giorgio Almirante e al Movimento Sociale Italiano.
La linea “sociale” del partito si manifesterà anche quando la Cisnal, sindacato guidato da Gianni Roberti che aderì a D.N., riuscì a nominare Ivo Laghi al posto di Roberti alla segreteria generale e proprio con la Cisnal che, nel 1980, due mesi prima del congresso confederale che confermò Laghi alla guida del sindacato, i due segretari si ritrovarono per la firma di una dichiarazione d’intenti tra Cisnal e MSI.
Dopo la vicenda di Democrazia Nazionale, cui la sigla del sindacato era stata trascinata da Roberti, si riapriva un dialogo in cui si riconosceva un’ autonomia reciproca tra le strutture del Partito e del Sindacato. Fu quel “patto”, sottoscritto da Laghi e Almirante, che costituì la rinascita di un azione sociale sia del partito che del sindacato.
Da quel momento vi fu occasione in cui Almirante, pur rimarcando il ruolo autonomo del sindacato rispetto al partito, non consultava la Cisnal sulle questioni parlamentari legate al mondo del lavoro e non vi fu nessuna grande manifestazione in cui il segretario del partito non si trovasse accanto ai lavoratori della Cisnal.
Avvenne nel 1983 con il grande corteo di Roma dei 30 mila lavoratori che terminò con uno storico comizio in piazza Santi Apostoli. Anche in quell’occasione Giorgio Almirante non mancò di far sentire ai lavoratori della Cisnal la vicinanza dei deputati missini a difesa della “scala mobile”.
Così come non vi fu primo maggio in cui Giorgio Almirante non venisse a salutare dirigenti e lavoratori che per tutta la giornata festeggiavano una ricorrenza fino ad allora egemonia della sinistra.
Il giorno dei funerali di Almirante, a piazza Navona sventolavano centinaia di bandiere della Cisnal che dimostravano l’affetto e il ringraziamento dei lavoratori all’Uomo politico che, in parlamento, aveva saputo difendere sempre la loro dignità e i loro interessi nell’interessa generale del paese.
Trent’anni senza Giorgio Almirante si sentono tutti anche e soprattutto alla luce di una politica che non ha saputo raccogliere il testimone di una battaglia Ideale e Sociale che ha fatto di Giorgio Almirante un uomo con un raro senso dello Stato e soprattutto rispettato anche dagli avversari politici.