Grillo (dopo la Meloni) e Confintesa (dopo Marittimi per il futuro) scendono in campo accanto ad Onorato: la congiura del silenzio dei media
Dopo Giorgia Meloni, arriva Beppe Grillo; e dopo “Marittimi per il futuro”, è la volta di Confintesa, sindacato emergente e molto combattivo che sta erodendo iscritti su iscritti all’UGL e alla “Triplice”. Poco per volta, malgrado il sistematico boicottaggio dei media, il fronte in favore della battaglia di Vincenzo Onorato per i diritti dei marittimi italiani, comincia ad allargarsi.
Ieri, il fondatore del Movimento 5 Stelle c’era andato giù duro, senza sfumature tipiche del politichese. Ma naturalmente, tutti i media hanno preferito concentrarsi solo sull’intervento pro-referendum sull’euro. Perché, nella loro faziosità, faceva troppo comodo sfruttarlo in chiave anti-Di Maio. E chissenefrega della difesa del “patron” di Moby-Tirrenia-Toremar, in fondo riguarda solo poche decine di migliaia di marittimi disoccupati. Stesso trattamento riservato alla leader di “Fratelli d’Italia”, prima politica a schierarsi pro-Onorato.
Eppure Grillo non aveva lasciato spazio alle interpretazioni di comodo.
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Nel 1998 fu varata una legge (30/98) che consentiva alle società armatrici la quasi totale defiscalizzazione e la totalità degli sgravi Inps e Irpef per i marittimi imbarcati.
Vi sembra strano? Non lo è, perché la legge a suo tempo fu approvata per favorire la piena occupazione, specialmente al sud, nel settore marittimo, con vincolo di personale interamente italiano o comunitario. Esisteva anche una deroga ministeriale in favore di personale extracomunitario, ma soltanto nei limiti di 1/3 dell’equipaggio.
Nel corso degli anni però, in seguito a modifiche della legge e con accordi sindacali mirati, gli armatori hanno ignorato l’obbligo di imbarcare marittimi italiani e hanno iniziato ad imbarcare personale extracomunitario, anche in numero superiore all’originario limite di 1/3, con rapporto di lavoro “regolamentato dalla legge scelta dalle parti”. Al lavoratore extracomunitario viene così applicato l’accordo sindacale del suo Stato di provenienza: in questo modo si abbattono notevolmente i costi rispetto ad un marittimo italiano.
Il datore di lavoro mantiene quindi le stesse esenzioni fiscali previste per il personale italiano o comunitario. A questo aggiungiamo anche il problema dei corsi di formazione per acquisire il libretto di navigazione: in Italia il costo ammonta a circa 2mila euro, gli extra comunitari invece possono conseguirlo nel loro paese di origine con pochi euro.
Il quadro è chiaro ed è questo: totale penalizzazione dei lavoratori italiani, fino a farli scomparire dalle navi battenti bandiera italiana, ed innalzamento dello sfruttamento lavorativo da parte di società armatrici che imbarcano extracomunitari con salari da fame, gestiti da società di manning, con sede, il più delle volte, in paradisi fiscali, senza alcun contratto diretto con il singolo lavoratore!
Per farvi avere una idea più chiara dei costi: un marittimo italiano può guadagnare al netto da 2000 a 5000 euro circa, a seconda del ruolo. Un marittimo extracomunitario è sottopagato, arriva a percepire circa da 300 a 700 euro al mese.
Vincenzo Onorato, armatore partenopeo, si sta battendo anima e cuore per salvaguardare i diritti dei nostri marittimi. La sua campagna di comunicazione a favore dei marittimi italiani, ha generato, nei poco informati, un turbinio di polemiche e illazioni senza senso. Ogni giorno Onorato si scontra contro questa realtà paradossale, a vantaggio soltanto degli armatori, che continuano a non pagare le tasse, beneficiando così della legge 30 del 1998, e non favoriscono altresì l’occupazione dei connazionali italiani. Sono infatti più di 40 mila i marittimi italiani disoccupati. Onorato è stato tacciato dai media di razzismo, di discriminazione becera, senza mezze misure.
Chi non vuole vedere la realtà accusa, nascondensosi dietro a questioni razziali.
Condivido a pieno la battaglia di Onorato e faccio mie le sue parole: chi è il razzista? Chi lascia a casa i nostri marittimi a fare la fame o chi con sfruttamento selvaggio imbarca extracomunitari, con salari da fame?
A Febbraio ho partecipato con Luigi di Maio all’incontro con l’associazione no profit “Marittimi per il Futuro” a Torre del Greco, perché credo fortemente che i diritti dei lavoratori vengano prima di ogni cosa. La cittadina campana è una delle tante città che vive di questo mestiere. Io, che come loro vengo da una città di mare, conosco la sofferenza di chi con il mare non può dar da mangiare ai propri figli. Intere generazioni di padri, nonni, bisnonni, hanno sostenuto le proprie famiglie con uno dei mestieri più belli e antichi del mondo. Ora, il popolo marittimo di Torre del Greco, così come in altre città (Ercolano, Castellamare etc…) è ridotto alla fame, e all’associazione arrivano ogni giorno continue richieste di aiuto.
La soluzione a questo quadro è semplice e, come tutte le cose semplici, in Italia diventa complessa. Aggiungiamo che la politica e il potere delle lobby del settore frenano ogni tipo di iniziativa a favore dei più deboli.
Se un armatore italiano vuole mantenere la quasi totale defiscalizzazione deve imbarcare soltanto marittimi italiani o comunitari, almeno per la tabella di armamento-sicurezza (il numero legale minimo degli imbarcati a bordo). Se non accetta, allora paga le tasse come qualsiasi società italiana.
Ciò comporterebbe un fortissimo innalzamento occupazionale e, non per ultimo, una maggiore sicurezza sulle navi (non esiste un report di quale sia il numero reale di extracomunitari imbarcati sulle navi battenti bandiera italiana).
Siamo un popolo di navigatori, abbiamo un’esperienza millenaria e il mare è nel nostro dna. Tuteliamo il nostro immenso patrimonio dell’arte della navigazione.
Barra a dritta e avanti tutta!
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Ma ormai non è solo la politica a muoversi. Ci sono anche i sindacati. E dopo la durissima presa di posizione di “Marittimi per il futuro” (vedi), la prima organizzazione a scendere in campo a fianco di Vincenzo Onorato, ora è la volta di Confintesa. Che non è da meno nei toni della propria presa di posizione.
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“L’armatore partenopeo Vincenzo Onorato è una voce che difende l’italianità della categoria dei marittimi, e per questo deve essere sostenuta e incoraggiata” lo dichiara in una nota il segretario generale di Confintesa, Francesco Prudenzano, commentando lo scandaloso silenzio che copre tutta la vicenda che interessa la forte presa di posizione di Vincenzo Onorato, leader della Moby Lines che opera sulle tratte da e per la Sardegna, in relazione all’attacco fatto dagli armatori che battono bandiera Italiana e che preferiscono imbarcare i lavoratori extra-comunitari, approfittando della possibilità di derogare da quanto previsto dalla Legge 30/98 ma non rinunciando agli sgravi contributivi e fiscali previsti.
“Un sistema – ha aggiunto Prudenzano – che ha lasciato a terra oltre 40 mila marittimi italiani aggravando ulteriormente la già tanto provata categoria dei marittimi non può perpetrarsi ancora a danno dei lavoratori italiani, facendo pagare gli sgravi contributivi alla collettività favorendo chi aumenta i propri profitti attraverso l’assunzione di personale extra comunitario” Prudenzano riconosce a Vincenzo Onorato “il merito di aver gettato un macigno nello stagno del settore marittimo che vede i nostri connazionali costretti a restare sulle banchine in forza di deroghe che diventano “sistema” e che penalizzano l’occupazione italiana del settore. Facciamo un appello al Governo – continua Prudenzano – affinchè la “deroga” prevista dalla legge 38/98 venga abrogata così che gli aiuti previsti dalla legge possano essere concessi solo a seguito di assunzione di marittimi italiani o comunitari.
Non ha alcun senso, in questo caso, accusare di razzismo o di discriminazione Onorato. E’ razzista, invece, chi fa in modo di lasciare a casa i nostri marittimi e, con sfruttamento selvaggio, imbarca extracomunitari, con salari da fame perché si applicano i salari del paese di origine, passando dai 2000/2500 ai 300/700 euro.
Confintesa – conclude Prudenzano – sarà a fianco dell’armatore Onorato al fine di arrivare ad una soluzione che riporti la piena occupazione nel settore marittimo per i nostri lavoratori e interrompa un sistema perverso legato ad accordi in deroga che penalizza e sottrae lavoro e dignità ai marittimi italiani”
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Confintesa è una sigla abbastanza nuova nel composito panorama sindacale italiano. Sfiora ormai i 100.000 iscritti (reali, non fittizi come quelli confederali) e si articola sul territorio nazionale con 14 sedi regionali e 46 provinciali. Le federazioni di categoria sono 15, 7 i comparti del pubblico impiego (il suo principale punto di forza, dove rappresenta ormai il 10 per cento della forza lavoro nazionale) e 6 gli enti e gli organismi affiliati.
Curiosità di buon auspicio: la sede principale si trova a Roma, in Corso Vittorio, proprio nell’appartamento occupato un tempo dall’abitazione privata di Giulio Andreotti e dei suoi familiari.