Leonardo: l’incubo dei 600 milioni da pagare a KKR entro il 31 dicembre per il 25% di Hensoldt

Leonardo: l’incubo dei 600 milioni da pagare a KKR entro il 31 dicembre per il 25% di Hensoldt

16 dicembre 2021

Piove sul bagnato in piazza Monte Grappa. Non c’è in bilico solo il contratto con il Kuwait (vedi la precedente Sassata). C’è di peggio, molto peggio. Entro il 31 dicembre, Leonardo deve onorare l’impegno all’acquisto da KKR del 25% dell’azienda tedesca di elettronica Hensoldt: 606 milioni di euro. E se non riuscirà a vendere le due business unit dell’Oto Melara e della Wass, sarà in un mare di guai. Perché quelle azioni, acquistate al valore spropositato di 23 euro (quando non ne valevano più di 15/16), nel frattempo sono crollate a 11 euro. E l’autorità tedesca che sovraintende al mercato borsistico, sta oltretutto prendendo in seria considerazione l’ipotesi del “delisting”. Se ciò avvenisse, Leonardo si troverebbe a dover pagare 600 milioni per della carta straccia. Uno smacco senza pari per un manager dell’alta finanza (sic!) come Alessandro Profumo. Che sta cercando in ogni modo di trovare una soluzione. È andato a chiedere aiuto perfino al ministro dell’Economia, Daniele Franco, ricevendo un cortese ma fermo rifiuto a far intervenire in soccorso CdP.
Ora, per l’acquisto di Oto Melara/Wass le strade percorribili sono due: quella del consorzio francese KNDS (disposta -pare, secondo Leonardo- a spendere 750 milioni di euro, ma senza aver ancora ufficializzato l’offerta); e quella di Fincantieri, indisponibile a pareggiare una proposta del genere, giudicata sproporzionata, ma che starebbe studiando la creazione di un consorzio italo-tedesco con Il colosso Rheinmetall. Questa sembrerebbe la soluzione ideale, con una possibile offerta che però ben difficilmente potrebbe superare i 450/500 milioni di euro. E che tuttavia avrebbe il vantaggio di tagliare le unghie a quegli ambienti politici della sinistra (leggi Pd, sponsor di Profumo) che in queste settimane stanno cercando di dipingere l’iniziativa di Giuseppe Bono come una sorta di difesa “sovranista” dell’industria italiana.
Il 22 dicembre, con le audizioni in Parlamento dei ministri Guerini (Difesa) e Giorgetti (Sviluppo Economico), ma anche di Profumo e Bono, se ne saprà di più. Sperando che non finisca in rissa.