Lettera aperta a Luca Malcotti e all’Ugl

Lettera aperta a Luca Malcotti e all’Ugl

23 aprile 2018

Caro Malcotti, innanzitutto non capisco perché, visti i rapporti non dico cordiali ma civili che intercorrono tra noi concretizzatesi anche quando ci siamo fatti lunghe telefonate in merito ai miei articoli, oggi, anzi dalla comunicazione che hai inviato a Sassate sabato scorso, sei passato dal tu al lei.

Forse per marcare le distanze tra le nostre posizioni? Non ce n’era bisogno visto che la nostra diversità di vedute, sia sulla situazione Ugl che in quella dell’Enas, non sono un segreto per nessuno che ci legga e tanto meno lo sono tra me e te e delle quali abbiamo parlato più volte.

Non solo abbiamo parlato, mi sembra di ricordare cordialmente, ma ci siamo scritti più volte su WhatsApp e abbiamo confutato le nostre idee, non certo politiche, ma strategiche e sindacali sia sulla questione Ugl che sul caso Enas.

Ci siamo sempre lasciati senza che l’uno convincesse l’altro ma, almeno per me, con la certezza che tra noi due, pur nella diversità di vedute, potevamo parlare senza problemi e filtri vari che erano a volte, soprattutto quando c’erano di mezzo alcuni ambigui personaggi, deleteri per un corretto confronto tra noi due.

Quindi permettimi se, per quanto sopra esposto, non do seguito a questo tuo gesto di presa di distanze continuando ad utilizzare il tu come si fa tra persone che, comunque sia e con i distinguo del caso, si sono trovate per anni dalla stessa parte politica (e forse lo sono ancora).

Premesso questo, ti ringrazio dell’ulteriore precisazione che hai inviato a commento del mio articolo di sabato ma che, per ovvii motivi organizzativi, non poteva ricevere una risposta immediata nel pezzo che ho pubblicato domenica ma dove ho voluto far inserire, prima di andare on line, il tuo commento che inizia con il “caro Visconti”.

Fedele a questo invito diretto permettimi di fare le mie modeste osservazioni su quanto mi hai cortesemente scritto.

Cominciamo dal punto 1) della Tua cortese nota dove per me sarebbe facilissimo “giocare”, come autoironicamente e coraggiosamente hai fatto tu, sull’avverbio “finalmente” da te usato per comunicare l’istituzione, presso l’Ugl, di “un Ufficio che si occupa anche delle problematiche del personale del patronato”.

Su questa intenzione dell’Ugl ritengo che, come si suol dire, volete chiudere la stalla quando i buoi sono tutti scappati nel senso che non c’era assolutamente bisogno di nessun “ufficio speciale” (che mi sa tanto di tribunale speciale) per dare notizie che da almeno un anno i dipendenti dell’Enas stanno chiedendo sia a livello territoriale che centrale ma che non hanno mai trovato risposte esaustive come hanno più volte scritto i dipendenti che, firmandosi o anonimamente, sono intervenuti sul dibattito dei miei articoli prima sull’Ultima Ribattuta oggi su Sassate.

E qui arriviamo al punto 2) della tua precisazione relativa al fatto che tu non rispondi ai commenti anonimi. Se da una parte potrei anche darti ragione dall’altra, trattandosi di tematiche che riguardano un patronato di emanazione del sindacato, potresti anche chiederti il perché alcune persone hanno preferito rimanere anonime.

Io me lo sono chiesto e ho sempre stimolato tutti a metterci la faccia ma la risposta è stata sempre la stessa: ho paura delle ritorsioni. Probabilmente, da ciò che mi hai scritto è una paura infondata ma che comunque paura è rimasta.

Ebbene anche in questo caso penso che la risposta della rappresentante del Comitato per la Legalità sia la prova che nessuno, a questo punto, ha più voglia e, eventualmente, paura a nascondersi dietro l’anonimato.

Basta leggere l’atto costitutivo del Comitato e, come dice il commento, si possono trovare nomi e cognomi con tanto di codice fiscale di chi ha aderito a questa iniziativa.

Spero che questa “paura” passi così che per tua soddisfazione i dipendenti che hanno qualcosa da dire lo possano dire “serenamente e schiettamente” abbandonando l’anonimato.

Sul punto 3) consentimi di affermare che ormai, al punto in cui sono giunte le cose, “la riservatezza” non può che essere considerata come un voler coprire le reali responsabilità del disastro finanziario dell’ENAS che, credimi, sono convinto non sono riconducibili a Capone o ai suoi collaboratori ma vengono da lontano (almeno da dieci anni) e vanno ricercate nelle gestioni precedenti.

Relativamente al punto 4) penso che dovresti rileggerti le lettere del ministero del Lavoro e considerare che il richiamo del Ministero ai “non trascurabili profili di opacità” dell’atto di fusione e l’intimazione al “Patronato ACAI-ENAS ad adempiere al pagamento delle retribuzioni spettanti ai propri dipendenti nonché, con riferimento al TFR, alla regolarizzazione degli accantonamenti e alla relativa corresponsione” dovrebbero farti pensare, prima di dire che è tutto a posto con la fusione.

Così come al punto 5) è facile rilevare come ieri il mancato pagamento degli stipendi ai dipendenti ex ENAS era, per Capone, un “gesto discriminatorio” operato dall’ex presidente Alfonso Scafuro e ora è derubricato a mero “disguido burocratico” del Ministero. Spero che il Ministero faccia chiarezza su questo.

Leggo che tu rilevi, al punto 6), che il contenzioso con il personale ex ENAS si è “in gran parte risolto” dimostrando, evidentemente, di non essere a conoscenza di come e perché i lavoratori (che a me non risultano numerosi) hanno accettato, per necessità, le transazioni offerte o si sono licenziate (leggi la lettera che ci ha inviato la signora Luciana Chiappini) mentre esiste un numero di atti ingiuntivi e richieste di pignoramento e numerose “posizioni in sospeso” che spero possano essere risolte quanto prima.

Infine sul punto 7) mi rifiuto di pensare, per come conosco la Tua professionalità sindacale, che Tu sia veramente convinto di ciò che hai scritto ovvero che “I trasferimenti sono uno strumento per evitare che la chiusura di una sede si trasformi obbligatoriamente in un licenziamento.

So perfettamente che non è una situazione gradevole ma, da sindacalista che ha trattato centinaia di crisi aziendali, è una soluzione migliore del licenziamento” Su questo ti prego di non offendere non tanto la mia intelligenza quanto la dignità dei lavoratori e delle lavoratrici sottoposte a questo “atto di generosità” sapendo benissimo che chiedere un trasferimento da Siracusa a Pavia per una madre di famiglia che guadagna 700 euro equivale a chiederle di perdere il lavoro.

Così come trasferire un’invalida da Roma a Napoli o ad altra sede significa non rispettare nemmeno l’handicap di questa dipendente. Detto questo Ti ringrazio comunque per le precisazioni che dimostrano, non a Sassate ma ai lavoratori dell’ENAS, che la voglia di risolvere il grave problema di questi lavoratori che dovrebbero essere i primi ad essere tutelati dall’Ugl non sia una priorità per il sindacato.

Non so se continueremo a sentirci ancora anche se personalmente io non ho problemi ma ti prego solo di rivedere tutta la vicenda come se la cosa riguardasse una persona della tua famiglia e in fondo i dipendenti dell’Enas non fanno parte della grande famiglia dell’UGL? O no? Cordialmente.