“Libro Bianco” della Difesa, le Forze Armate chiedono trasparenza (che non c’è)

Ora il complesso mondo delle Forze Armate (Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri) vuole capire bene l’esatta portata dei contenuti del “Libro Bianco” della Difesa che Roberta Pinotti presenterà domani in Consiglio dei Ministri.

In poche ore, il nostro sito è stato preso d’assalto da alcune migliaia di utenti. Tante anche le telefonate con la richiesta di spiegazioni sui punti più tecnici e oscuri (il linguaggio burocratico, si sa, non è particolarmente brillante). Cerchiamo allora di rispondere ai quesiti principali, relativi soprattutto all’aggravamento del già ingessato sistema attuale. Ecco le novità (e relative criticità) più significative:

  • Il Capo di Stato Maggiore della Difesa diverrebbe il dominus sia dell’area tecnico-operativa sia di quella tecnico-amministrativa, con un’ulteriore concentramento di potere nelle sue mani.
  • Con la creazione di nuove figure di vertice, alle dipendenze del Capo di Stato Maggiore della Difesa e affiancate al Sottocapo di Stato Maggiore della Difesa, vi sarà un appesantimento delle linee di comando e dei processi decisionali.
  • Ai Capi delle Forze Armate verrà lasciato il compito di generare capacità operative di competenza, senza però gli strumenti (logistica, fondi esercizio, ecc…) per assolvere a tale compito.
  • Si favoriranno, di fatto, carriere sviluppatesi nell’orbita del Ministero della Difesa e non conquistate sul campo (come ai tempi di Badoglio).
  • La creazione della nuova figura apicale del Segretario Generale, alle dipendenze del Ministro, sdoppierà le cariche di segretario generale e di direttore nazionale degli armamenti. Cariche finora accoppiate per opportuni motivi di razionalità gestionale.

A questo va aggiunto che:

  • Al Capo di Stato Maggiore della Difesa (nella fattispecie il Generale Claudio Graziano) verrà attribuita la presidenza di tutte le commissioni per l’avanzamento nei gradi da Generale di Brigata in su, di tutte le Forze Armate e dei Carabinieri (aspetto delicatissimo). Questa prerogativa consentirà di fatto ad una sola persona (visto che gli altri membri delle commissioni sono di fatto dipendenti da lui) di determinare la futura composizione del vertice militare delle varie Forze Armate con effetti decennali.
  • Il trasferimento della dipendenza della Direzione Nazionale degli Armamenti (e delle relative relative direzioni tecniche amministrative, responsabili per i contratti e per i flussi di cassa verso le industrie del settore aerospaziale, navalmeccanico, ecc…) dal Ministro al Capo di Stato Maggiore della Difesa consentirà a quest’ultimo di disporre di un potere socio-economico rilevantissimo. Potere al momento frazionato fra più autorità, con molteplici pesi e contrappesi, proprio per garantire equilibrio.

Considerato tutto questo, appare evidente come il quadro complessivo che emerge da questa “riorganizzazione” faccia parte di un progetto di potere più ampio che mira ad eliminare bilanciamenti in termini di controllo dell’autorità. Bilanciamenti che dovrebbero essere considerati la norma all’interno di ogni organizzazione trasparente e democratica.

Va sottolineato che le varianti all’ordinamento militare e alle sue strutture di comando e controllo non tengono conto che questa “riorganizzazione” richiede un maggior numero di risorse umane e aumenta la burocrazia. E, soprattutto, diminuisce l’efficienza delle componenti operative che vedono le proprie catene di comando smembrate salvo poi essere riaccorparte per funzioni verticali con al vertice il solo, e supremo, Capo di Stato Maggiore della Difesa.

Insomma, questa “riforma” non corregge, ma – anzi – amplifica i difetti dell’attuale sistema. Non tiene conto delle diversità culturali, di scala delle Forze Armate italiane, né della burocrazia nazionale, rispetto a quelle di altri Paesi spesso presi a modello, senza però averne una effettiva conoscenza, tantomeno comprensione.

Detto questo, sarebbe saggio fare esattamente l’opposto di quanto contenuto nelle varianti al Codice dell’Ordinamento Militare ovvero puntare ad una organizzazione più economica e realistica basata sulle risorse umane effettivamente disponibili, non solo da un punto di vista quantitativo, ma soprattutto da quello qualitativo. In particolare per quanto riguarda le figure apicali che dovrebbero essere ridotte, non aumentate.

Non dimentichiamo che le operazioni si fanno con le forze generate dall’Esercito, dalla Marina e dall’Aeronautica. E non dalla burocrazia interforze. È nell’ambito delle Forze Armate che nascono le idee e i progetti per i sistemi d’arma futuri; smembrarle per poi creare nuovi comandi interforze andrà ad appesantire ulteriormente i processi decisionali e, soprattutto, farà sì che il sistema della Difesa sia guidato sostanzialmente dall’Esercito, grazie alla sproporzione fra il numero dei suoi generali (209, di cui ben 20 a 3 stelle) e quelli dei gradi equivalenti delle altre Forze Armate (88 della Marina di cui 11 a 3 stelle; 93 dell’Aeronautica, di cui 11 a 3 stelle). Considerato che il numero necessario per comandare le articolazioni di ogni Forza Armata è potenzialmente di 6/7 generali di Corpo d’Armata, è evidente che la struttura Interforze sarebbe quasi completamente appannaggio dell’Esercito, che avrebbe 13 generali di Corpo d’Armata con cui occupare la maggior parte delle posizioni apicali della Difesa (incrementate a seguito delle varianti al Codice dell’Ordinamento Militare dovute al “Libro Bianco” della Pinotti). In estrema sintesi, sarà l’Esercito – e non l’Interforze – a condizionare il sistema militare nazionale, relegando le altre Forze Armate a ruolo subalterno (con buona pace delle reali esigenze di sicurezza nazionale).

È evidente che gli stravolgimenti organizzativi contemplati dal “Libro Bianco” (e la paralisi organizzativa che ne seguirà) sono l’ultima cosa di cui il nostro Paese aveva bisogno in un periodo così difficile per la sicurezza nazionale. Per non parlare di un aspetto per nulla secondario, anzi: i costi connessi a questa “ristrutturazione” – sia per le spese vive di attivazione dei nuovi comandi interforze sia per le indennità di trasferimento del personale da un comando all’altro – non sono stati nemmeno quantificati. Questo significa che non solo sono ingenti, ma non trovano alcuna copertura.

Ultima considerazione: le varianti più “scabrose” al Codice dell’Ordinamento Militare (peraltro furbescamente scritte con un linguaggio criptico) andrebbero inserite in un disegno di legge organico da presentare in Parlamento nel pieno rispetto delle Istituzioni democratiche, rifuggendo dai colpi di mano di fine legislatura.

La ministra Pinotti – che in molteplici occasioni, fra cui l’audizione in seduta congiunta alle commissioni Difesa di Camera e Senato, si era formalmente impegnata in tal senso – sembra voler venir meno alla parola data. Un atteggiamento che, va da sé, non è altro che la riprova della scarsa trasparenza dell’operazione “Libro Bianco”.

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