Marittimi italiani, Onorato: “Carcere e sequestri, ci vuole la linea dura”

«Copiamo la Gran Bretagna, e diamo ai marittimi, non solo italiani, la speranza di non finire nel vortice o della disoccupazione cronica o della nuova globalizzazione della schiavitù e della povertà».

L’armatore Vincenzo Onorato è categorico. Ci vuole la linea dura. Per questo annuncia che intensificherà la pressione sulle autorità marittime competenti affinché sia assicurata massima trasparenza sulle tabelle di imbarco e quindi sulla composizione degli equipaggi delle navi che battono bandiera italiana.

E poi, rivolto al governo, dichiara: «Le navi che entrano nelle acque territoriali italiane dovranno dimostrare, non con documenti farlocchi come spesso accade oggi, che i marittimi a bordo percepiscono almeno il minimo di salario fissato dall’ITF e dall’International Labour Organization. In caso contrario le navi saranno poste sotto sequestro e gli armatori saranno indagati».

L’esempio virtuoso da copiare è quello inglese (vedi qui): «La nuova normativa britannica che prevede sanzioni sino al 200% del differenziale salariale, la pubblicazione di una black list degli armatori che non rispettano le leggi e una incriminazione penale – spiega Onorato, che da anni conduce una crociata isolata in difesa degli oltre 50mila marittimi italiani disoccupati ma anche del diritto dei marittimi extra comunitari a non essere trattati come schiavi – può essere agevolmente mutuata e applicata anche in Italia».

Il salario medio dei marittimi nel mondo, nella migliore delle ipotesi, è di 6,8 euro l’ora. Ma fin troppo spesso si scende vergognosamente a 3 euro. Chi non accetta paghe da fame resta a casa. E alle paghe basse corrispondono rischi altissimi. Secondo una recente indagine di ITF (International Transport Federation) un marittimo rischia la morte sul posto di lavoro 21 volte di più rispetto a quanto accade a un lavoratore di terra.

«Noi diciamo basta alla globalizzazione della povertà e della schiavitù e quindi alla truffa della bandiera italiana paradossalmente detassata per negare un futuro ai nostri giovani. E chi non rispetta le norme sul salario minimo finisca in galera» conclude Onorato.

 

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