Meglio lo ius mortis che lo ius sòla
Meglio far passare lo ius mortis che lo ius soli. O “sòla” che dir si voglia.
Il calcolo è stato cinico, ma razionale, politicamente parlando: chi glielo faceva fare al Pd a mettere la fiducia su una legge controversa, impopolare e fatta male come quella dello ius soli (che qualcuno da tempo ha soprannominato, anche nei titoli dei giornali, come ius sòla)?
Meglio molto meglio, fare qualcosa “de sinistra”, di meno impopolare. Come la normativa sul testamento biologico. Che aprirà la strada all’eutanasia e che, in paese un po’ ipocrita e bigotto a intermittenza come quello italiano. La pillola giusta per fare digerire il fatto che, almeno quando si muore, l’individuo vorrebbe essere libero da prediche e pregiudizi.
La morte, come diceva Totò, è una livella su cui non c’è parola di Papa Francesco che tenga: e anche chi è contrario all’eutanasia in Italia magari poi paga l’infermiere sotto banco per fare staccare la spina a un parente che soffre, intrappolato da un respiratore artificiale.
Mettere la fiducia a una normativa che consentirà di lasciare istruzioni per non venire intubato quando ormai non ci sarà più speranza è sicuramente più comprensibile – per eventuali elettori rimasti fedeli a quel che resta del Pd – che doversi sorbire l’ennesima predica su un’accoglienza che in Italia si fa rigorosamente sulla pelle degli altri.
Così ieri il capogruppo al Senato del Pd Luigi Zanda ha tratto il dado della calendarizzazione e della possibile fiducia sullo ius mortis e ha lasciato in tasca quello dello ius soli.
Da buon post comunista si sarà interrogato retoricamente come Stalin a suo tempo: quante divisioni avrà mai ‘sto Papa?