Rai, quello strano “criterio meritocratico” nelle nomine secondo Soldi e Fuortes

Si erano riempiti la bocca, nelle varie interviste di presentazione delle imminenti nomine, sia la presidente Marinella Soldi, sia l’amministratore delegato Carlo Fuortes. Giurando che questa volta la politica non sarebbe riuscita ad interferire, che i partiti sarebbero rimasti fuori dalle consultazioni e -soprattutto- che per i nuovi vertici editoriali sarebbe stato applicato il più rigoroso “criterio meritocratico”.
Bene in attesa di giudicare nei prossimi mesi se davvero politica e partiti non hanno designato candidati o almeno influito nelle nomine, vediamo se almeno è stato davvero applicato il famoso “criterio meritocratico”. Perché, almeno sotto questo aspetto, la risposta non può già che essere negativa.
Prendiamo tre casi eclatanti, quelli di un “confermato” (Coletta, Rai Uno), un “bocciato” (Giammaria, Rai Documentari) e un “ignorato” (Teodoli, Rai Com).
Stefano Coletta, peraltro un ottimo professionista quando dirigeva una rete nelle sue corde come Rai Tre, si è rivelato il peggior direttore di tutti i tempi della “corazzata” di viale Mazzini. I dati dell’ audience sono lì a dimostrarlo, con una serie infinita di “flop” di prima serata, oltretutto con un affidamento quasi sempre a società esterne che ha umiliato la Direzione Produzione e le sue risorse. Riuscire a far registrare share sotto il 10% in prime time è un dato agghiacciante che ora si ripercuoterà fatalmente sui ricavi di Rai Pubblicità. Per non parlare delle discutibili scelte di conduttori e altri personaggi di riguardo imposti qua e là, del tutto incompatibili con le caratteristiche tradizionali di Rai Uno. Protetto dal Pd, malgrado tutto questo, Coletta viene addirittura promosso come direttore di genere per il “prime time”. Uno scandalo.
Così come rappresenta un altro scandalo la rimozione di Duilio Giammaria, dopo due anni a pane e acqua, malgrado fosse riuscito a dare un’identità ben precisa e di indubbia qualita’ a Rai Documentari, rifornendo di ottimi programmi le varie reti (vedi, solo per citare l’ultimo successo per il servizio pubblico, quello su Marchionne, con una illuminante introduzione iniziale di un ex-manager FIAT come Altavilla, ora presidente di ITA). Macché, Giammaria ha un caratteraccio e se ne deve andare. Molto meglio un ex-prodiano (ma ora in quota Lega) come Zappi, che al massimo ha qualche esperienza di docu-fiction, vista la direzione di provenienza. Peccato che i documentari siano un’altra cosa e per curarli sia necessaria una preparazione giornalistica. Come quella di Giammaria. In questi giorni, sulla Soldi e su Fuortes, per questa inspiegabile sostituzione, si sono abbattute le proteste di molti imprenditori “big spender” e di manager pubblici e privati. E ora in Rai c’è molta curiosità per vedere in che modo Giammaria potra‘ essere ricollocato (magari dividendo i documentari dalle docu-fiction).
Per finire, c’è il caso di Angelo Tedoli, vale a dire del miglior “palinsestaro” che la Rai abbia mai avuto, almeno negli ultimi vent’anni. Ora è confinato a fare l’amministratore delegato di Rai Com, cioè a vendere i successi Rai nel mondo. E così, è anche possibile che sul canale Movie ci si possa permettere di programmare una “no stop” di sei ore, interrotta solo dalla pubblicità, tra le 21,15 e le 3,50 del mattino, di un capolavoro Rai come “La meglio gioventù”. Uccidendo, ovviamente, il prodotto. Niente da fare: il “criterio meritocratico” non può valere per Teodoli, che non avendo “sponsor” politici o di partito, resta a Rai Com. Come se invece in viale Mazzini non ci fosse un gran bisogno di un “mago dei palinsesti” come lui per garantire un po’ d’ordine quando scatterà l’era dei generi. Difatti, i grandi strateghi hanno pure abolito la direzione che avrebbe dovuto coordinare le programmazioni. Amen.

Commenti

  1. La RAI non valorizza le persone interne , bravo il consigliere Laganà a votare contro Coletta che ha accumulato solo flop e da quasi tutto in appalto .
    Le reti generaliste stanno barcollando, regge solo qualche vecchia fiction e i grossi eventi sportivi .
    La RAI dovrebbe privatizzare molte suoi assetti e concentrare gli sforzi solo sul servizio pubblico a prescindere dagli ascolti .
    Dovrebbe vendere i 4 centri di produzione e RAI uno e RAI due .
    Tenere solo rai tre ed i canali culturali.
    Rinunciare alla pubblicità e snellire il personale , soprattutto i 2000 giornalisti che sono un enormità

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