
Russia-Ucraina: Berlino, la pace annunciata e l’illusione europea
A Berlino si è celebrata la liturgia del successo: dichiarazioni solenni, “clima positivo”, percentuali rassicuranti. Ma, tolta la musica di sottofondo, la realtà è brutale: non siamo più vicini a un accordo di pace di quanto lo fossimo ieri. L’Ucraina resta scettica sulle garanzie di sicurezza, la Russia non si muove di un millimetro e l’Europa continua a confondere il negoziato con l’auto-negoziazione tra commensali.
Il mantra del “90% dell’accordo già fatto” è una metrica tossica. Nei negoziati veri, il 90% non conta nulla se il 10% rimanente riguarda territorio, garanzie di sicurezza e asset russi. È lì che si decide tutto. Ed è lì che non c’è alcun accordo. Le indiscrezioni parlano di una proposta americana sullo split territoriale già concordata con Mosca. Al tempo stesso, appare irrealistico pensare che la Russia accetti le richieste europee sulle garanzie. Quello che è emerso da Berlino non sono intese, ma europei che trattano tra loro, non con le parti in guerra.
Friedrich Merz può rivendicare un risultato: per qualche giorno l’Europa è stata al tavolo. Ma la sua agitazione sul prestito per le riparazioni tradisce il punto politico centrale. Quel prestito è un deal-breaker. Eppure Bruxelles tenterà comunque l’azzardo, magari forzando una decisione a maggioranza qualificata sotto il pretesto di un’emergenza fiscale. È ciò che l’UE sa fare meglio: trovare una scorciatoia procedurale quando manca una soluzione solida.
Il problema non è solo politico, è giuridico. L’uso dell’articolo 122 per emettere debito comune trasformerebbe una clausola d’emergenza in un passe-partout permanente: il più grande accentramento di potere unilaterale nella storia dell’Unione. E anche se superasse l’esame del diritto europeo, resterebbe il nodo del diritto internazionale. La sequestrazione degli asset è illegale. I ricorsi sono già partiti. Il dilemma è binario: o sequestri davvero e violi la legge, o fai finta e il garante finale diventa il contribuente europeo.
Asset russi, territorio, garanzie: tutto è ancora aperto. Si parla di un “piano in 20 punti”, ma stiamo ancora litigando sulle note a piè di pagina dei 28 originari. Una cosa, però, è certa: pace e sequestrazione non stanno insieme. Sarà l’una, l’altra o nessuna delle due. Negli ultimi due casi, la guerra continua.
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