Servizi e Difesa, il “governo del cambiamento” ostaggio del gattopardismo della Trenta, di Graziano e del M5S (1)

Servizi e Difesa, il “governo del cambiamento” ostaggio del gattopardismo della Trenta, di Graziano e del M5S (1)

28 agosto 2018

È uno dei passaggi-chiave del “Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa, magistralmente portato sul grande schermo da Visconti. Il dialogo tra Tancredi-Alain Delon e lo “zione” principe di Salina-Burt Lancaster, ormai tramandato ai posteri nel “cambiare tutto perché nulla cambi“.

Il “generalissimo” Claudio Graziano l’ha adottato a suo uso e consumo per il futuro suo, dei Servizi e dell’apparato italiano della Difesa. E la prima ad abboccare all’amo, dispiace dirlo ma è così, è stata la neo-ministra del M5S, Elisabetta Trenta.

Il primo “fedelissimo” che Graziano-Badoglio voleva sistemare prima di partire alla volta di Bruxelles, era il generale di squadra aerea Carlo Magrassi, attuale Segretario Generale e Direttore degli Armamenti. Con lui ha un debito di gratitudine non da poco: grazie alla sua “faida” con l’ex-capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, Pasquale Preziosa, l’Arma Azzurra salto’ il giro per la corsa al vertice della Difesa, favorendo proprio la nomina di Graziano. E ora Magrassi si è presentato all’incasso.

Collocato in ausiliaria per motivi anagrafici e confermato al suo posto dalla ministra Roberta Pinotti, proprio grazie alla raccomandazione del “generalissimo” (ma anche dell’aspirante alla successione, il generale Nicolo’ Falsaperna, presso la cui segreteria lavorava il marito della Trenta), Magrassi ha scatenato l’inferno per cercare di diventare ugualmente il numero uno della Difesa.

Sulle prime, la neo-ministra grillina ha provato a rabbonirlo, promettendogli di restare al suo fianco come consigliere-consulente per la politica industriale degli armamenti. Niente da fare. Troppo poco. Così, dopo averla ringraziata e convinta comunque a tenere “in caldo” quell’incarico, Graziano e Magrassi l’hanno spinta verso il baratro: bastava togliere dalla norma, che prescrive come il Capo di Stato Maggiore della Difesa vada scelto tra i generali o gli ammiragli “in servizio permanente effettivo”, l’ultimo aggettivo, quell’odioso “effettivo”.

La sventurata rispose. E spedì la proposta al vaglio del capo dell’ufficio legislativo del ministero, il generale dei carabinieri Salvatore Luongo. Che ha rifiutato, scandalizzato, di avallarla.

Pratica archiviata? Macché. La Trenta non si è persa d’animo e sempre teleguidata dal gatto-Magrassi e dalla volpe-Graziano, e’ andata a proporla ugualmente al Presidente del Consiglio. E anche Giuseppe Conte, neofita della politica ma uomo notoriamente prudente, deve aver sentito puzza di bruciato, affrettandosi a liquidare la ministra con la necessità di “doverosi approfondimenti” (peraltro neppure necessari, perché solo il Parlamento può modificare una norma di legge).

Il generale Magrassi, insomma, dovrà farsene una ragione: il prossimo capo di Stato Maggiore della Difesa non sarà lui, ma il collega Enzo Vecciarelli, che non sarà troppo amato, sia da lui che all’interno dell’Arma Azzurra, ma che almeno non ha bisogno di trucchi anagrafici per prendere il posto di Graziano-Badoglio.

La figuraccia fatta fare alla Trenta, sull’accidentata via del gattopardismo (altro che governo del cambiamento), quella però rimane. E siamo solo all’inizio.