SERVIZI: la bufala delle presunte assicurazioni al regime di Assad presa per buona solo dal Foglio
Sul caso della presunta telefonata tra il capo dei servizi segreti siriani Hassan Luqa e il generale Gianni Caravelli, capo della nostra agenzia esterna (AISE), si potrebbe scrivere un “manifesto” sulla capacità della disinformazione – in particolare russa – di penetrare in Italia. Soprattutto attraverso quotidiani che si vantano di combatterla, ma poi non hanno né i mezzi né i giornalisti giusti per farlo. E pur di attaccare il governo Meloni, finiscono loro stessi per diventare i megafoni di fake news o, peggio ancora, di notizie manipolate dal Cremlino. Per la prima volta, infatti, l’Italia sembrava aver mostrato i suoi anticorpi anche dal punto di vista mediatico sul documento fatto trapelare da Indipendent Arabia (versione araba del britannico The Indipendent), secondo cui i nostri servizi segreti e il governo italiano avrebbero fornito supporto ad Assad pochi giorni prima della sua caduta.
Il documento, chiaramente “farlocco”, era rimasto appannaggio solo di qualche internauta su Twitter. E oggi, persino quotidiani come La Repubblica e La Stampa avevano giustamente banalizzato l’episodio, denunciandone le possibili manipolazioni giunte dall’esterno nei confronti del nostro Paese, che naturalmente non ha mai offerto alcun supporto al regime di Assad. Che in Siria, così come in altri paesi strategici si muove di pari passo con i propri alleati atlantici. Ma quando qualcuno è in malafede e non aspetta altro che attaccare il governo, la premier Giorgia Meloni o anche il suo ministro della difesa, Guido Crosetto (come è già accaduto in passato), ecco che è pronto a schierarsi persino con il nemico e a dare adito a false ricostruzioni che rischiano di intaccare l’integrità del paese intero agli occhi della comunità internazionale.
Difatti, sempre oggi, non è un caso che ci sia anche un altro articolo, questa volta del Foglio, che racconta di questa straordinaria coincidenza secondo cui negli uffici dell’intelligence siriana prima della grande fuga, si sarebbero rinvenute migliaia di carte; ma solo su una di queste – ripetiamo: solo su una, guarda il caso… – si sarebbe poggiata la telecamera di una troupe del quotidiano The Indipendent.
Lì, naturalmente, veniva riportata la trascrizione della presunta telefonata della nostra intelligence ai siriani, prontamente diffusa ovunque.
Che fosse un goffo tentativo, anche mal riuscito, di costruire una fake news volta a colpire il nostro paese è sembrato chiaro a tutti, anche a La Repubblica e a La Stampa, che non si distinguono proprio per essere amici del governo. Ma al Foglio no. In questi casi la domanda sorge spontanea: superficialità o malafede? Perché sarebbe bastata una telefonata per comprendere che non poteva che trattarsi di una “polpetta avvelenata”, probabilmente cucinata proprio dai russi.
Niente, però, nessun controllo, nessuna richiesta di informazioni, nonostante i rapporti tra il quotidiano e il Dis siano notoriamente buoni. Mah.