31 marzo 2018

Che senso ha prenotare una pratica al comune di Roma attraverso una app e rimandare la coda che si poteva fare oggi a fra una settimana o a fra un mese? Questa è la storia di come l’ideologia e la burocrazia messe insieme possano fare fallire la tecnologia. Anzi persino una start up come “Tupassi”.

Che i romani hanno da tempo ribattezzato con “Tu non passi”. Trattasi del noto sistema di prenotazioni on line o con la app via smartphone per usufruire di tutti i servizi anagrafici e non solo del comune della Capitale.

Un’ideona iniziata nel 2014 solo in un municipio, il quindicesimo, e ben presto allargata a tutti gli altri. E da ultimo cavalcata dalla giunta Raggi come simbolo dell’innovazione da parte di un partito che nasce telematico ancorchè non necessariamente democratico. Solo che “Tupassi” non funziona più. Anzi in pratica non ha mai funzionato.

Nata per farci saltare le code con il sistema di appuntamenti programmati ha raggiunto il brillante risultato di far fare code su appuntamento. Un incubo. Con disagi incrociati per le carte di identità che una volta erano a vista dopo eventuale coda allo sportello – si andava random, anche un po’ a fortuna – e adesso sono certe e su prenotazione.

E se poi serve lo stato anagrafico ci vuole appuntamento a parte che se salta o viene dato dopo quello per ritirare la carta di identità confina tutti in un trappolone telematico che fa bestemmiare i romani più forte di prima.

La colpa sarebbe – secondo gli addetti – dei cittadini romani che fanno prenotazioni un po’ in tutti i municipi e poi non si danno la pena di disdirle. Così il lavoro agli sportelli si sarebbe moltiplicato.

Ma a parte tutto il sistema potrebbe cancellare da solo la prenotazione, passato un ragionevole lasso di tempo dall’appuntamento. Per giunta adesso – per motivi ideologici – non si può tornare indietro alle normali code senza prenotazione.

Della serie: “Start up ho detto e start up deve essere”. E chi è nato a Roma perde poltrona. Ai bei tempi di quando questa illusione digitale nasceva, il ceo della start up, tale Giovanni Fontana, in un’intervista ad apposita domanda sulle code così rispondeva: qual è la differenza rispetto al sistema dei numeretti? – La differenza è che il totem vede le disponibilità reali della sala, a prescindere da chi ha prenotato.

Se io arrivo e il sistema mi dice che c’è un posto tra un quarto d’ora, anche se io faccio qualche minuto di ritardo, non perdo il diritto di essere chiamato. Mentre con i numeri se si arriva tardi si viene sorpassati, col sistema degli appuntamenti no.

Gestendo la capacità produttiva reale, possiamo servire le persone che arrivano in anticipo o in ritardo senza seguire l’ordine progressivo rigido. Quello che abbiamo capito con gli anni è che la puntualità non esiste. Sicuramente ci sarà qualcuno che arriva prima o dopo, e il nostro sistema gestisce questo”.

Ma una utente incarognita da noi sentita durante una coda agli sportelli rispondeva così: “Balle io ho fatto rilevare al totem che ero arrivata prima dell’orario dell’appuntamento e ho fatto due ore di fila.. poi c’era un responsabile della sala che sosteneva di essere in attesa delle deleghe per poter sopperire alle assenze degli sportelli e poi non è vero che se ti presenti in circoscrizione il totem tiene conto di eventuali appuntamenti non disdetti”.

Come a dire che anche il totem – cioè questa specie di centrale di controllo telematico – è presto diventato un tabù. Resta un mistero gaudioso da risolvere: se a tre anni da questa innovazione ci si è accorti che il problema delle code è peggiorato perché non tornare al metodo antico in cui, i cittadini romani se lo ricordano bene, andavi in circoscrizione e male che ti andava nella mattinata risolvevi tutte le pratiche? Non si può ammettere di avere sbagliato? C’è una penale da pagare al ceo di “Tupassi”? O è solo per tigna burocratica e ideologica?