Ugl a congresso e lettera dall’aldilà di Ivo Laghi
I morti non scrivono lettere ma il pensiero dei grandi rimane e, in alcuni casi, quel pensiero si trasforma in parola scritta come succede nei casi di “scrittura automatica” dove un comune mortale appoggia la penna al foglio e uno spirito dall’aldilà guida la penna che mette nero su bianco il pensiero del defunto.
Oggi si usa il computer e forse anche dall’aldilà usano le tecnologie al punto che concentrandomi sul pensiero di quel grande sindacalista che fu il segretario generale della Cisnal Ivo Laghi, ho visto che le mie mani correvano sulla tastiera per scrivere quella che forse è la lettera che Laghi mi stava, mi avrebbe o forse, chissà, mi ha scritto veramente.
Caro Massimo, quanto tempo è passato da quel lontano 1991, anno in cui ti sei dimesso non solo da tutte importanti cariche che ricoprivi all’interno della Cisnal ma, purtroppo, anche da semplice associato al sindacato.
Allora non capii anzi debbo confessarti, come ebbi modo di dirti anni dopo in un nostro cordiale incontro a casa mia, che ritenni quel gesto un tradimento personale che, fino all’ultimo istante della mia vita terrena, mi ha tormentato.
Da spirito libero quale sono sempre stato ma oggi da spirito puro, quale sono, vedendo quello che è accaduto in questi ultimi anni in casa Ugl penso che in fondo hai fatto bene tu ad allontanarti “senza sbattere la porta”, consegnando alla confederazione la struttura che dirigevi da dieci anni, l’Unione di Roma, in perfetta salute con tanti iscritti e anche con tanti soldi in cassa che hai diligentemente consegnato ai revisori dei conti della confederazione.
Utilizzo la tua tastiera perché tu con me, e tanti altri validi sindacalisti, sei stato un protagonista dell’epoca d’oro del nostro sindacato. Dal congresso del 1980, che per quattro giorni vide dibattere i nostri delegati e porre le basi di quella che diventerà poi il “sindacato di popolo” che nel 1987, per altri quattro giorni, dette vita a quella “controffensiva culturale” che vide la nascita della rivista Pagine Libere diretta da Marcello Veneziani. Sei stato accanto a me quando, nel 1988, abbiamo rischiato una pericolosa scissione e proprio per l’impegno che hai profuso in quel periodo, a difesa di quanto ci eravamo conquistati dal 1980, ti volli chiamare in confederazione come segretario generale aggiunto.
Tre anni di collaborazione intensa oltre che di un rapporto personale fatto di stima e fiducia che, però, non furono sufficienti a farti accettare completamente la mia modifica statutaria che istituiva la segreteria generale collegiale.
Ricordo quel Comitato Centrale di Ostia del 1990 quando anche tu votasti, seppur non convinto come tanti altri, la mia riforma che tramutava la segreteria generale unica in segreteria collegiale composta da cinque componenti.
Ricordo che nei giorni precedenti cercasti in tutti i modi dal farmi desistere da quel progetto e ricordo anche la serata in cui, su tuo invito, c’incontrammo, io e te da soli, a cena in un noto ristorante romano che amavo particolarmente e facemmo, dopo cena, una lunga passeggiata per le strade della tua Roma dove mi dicesti che se volevo arrivare a portare alla segreteria generale Mauro Nobilia se ne poteva parlare senza arrivare a quella soluzione che avrebbe “diviso la confederazione” e scatenato invidie e false ambizioni da parte di “vecchi arnesi” del sindacato. Ricordo anche che fui duro con te nel contestare le tue valutazioni, capendo solo dopo pochi anni che avevi ragione.
Nonostante tu fossi stato nominato tra i cinque segretari “collegiali”, pur avendo i numeri per essere nominato segretario generale, rifiutasti l’appoggio di Nobilia e di Cavallini e proponesti Fedele Pampo come primo segretario eletto dalla segreteria collegiale. Poi in ossequio alla tua coerenza ti dimettesti dalla segreteria generale così che dopo la tua uscita dalla segreteria collegiale era naturale che fosse proprio il povero Fedele a pagare le conseguenze del tuo “endorsement”.
Pampo fu sostituito da Corrado Mannucci che tu non accettasti nonostante sia io che Nobilia e Anderson, anche qui in una cena su nostro invito, chiedemmo la tua “non ostilità” alla sua elezione a segretario.
Dopo Mannucci, che rimase in carica il tempo necessario per soddisfare la sua ambizione di dire che era stato segretario generale, come avevi previsto tu arrivò, con mia grande soddisfazione, Mauro Nobilia che, nonostante la sua intensa attività sindacale arrivò, purtroppo, anche a chiudere il “nostro” gioiello Culturale Pagine Libere.
Il resto è storia recente o quasi e non ho voglia di parlarne. Oggi da quassù vivo, ovviamente, in modo non certo terreno le vicissitudini di quello che un giorno era la gloriosa Cisnal e che oggi vede troppe cose distanti e diverse da ciò che era il nostro modo di fare Sindacato. Vero è che i tempi sono cambiati ma noi “vecchi Sindacalisti” rimaniamo quelli di un tempo.
Ora leggo dai social (anche qui arrivano queste assurde tecnologie) che dal 22 febbraio e precisamente dalle ore 10 fino alle 13,30 del 23 febbraio si terrà il congresso confederale dell’Ugl. Ebbene non posso non ricordare che i nostri storici congressi di Roma del 1980 e del 1987 durarono quattro giorni e che noi con un giorno e mezzo non facevamo nemmeno il comitato centrale.
Vedo, da quassù, che ormai le divisioni interne sono appianate con gli ex rivoltosi di “ripartire dal territorio” che si sono schierati con l’attuale segretario generale contro il quale hanno fatto fuoco e fiamme. Dal mio punto di vista direi, meglio così e sono convinto che anche in questo caso, come non lo fosti nel 1990 anche oggi non saresti d’accordo con me e mi diresti solo che sto sbagliando e che gli ex rivoltosi sono solo saliti sul carro del vincitore.
Caro Massimo, mi sembra di sentire la tua voce che mi dice: Ma vincitore di cosa? Di un sindacato che non esiste più e che invece di propugnare i suoi Antichi, ma sempre attuali, Valori fra i lavoratori si allea con un partito che di Sindacalismo Nazionale non ne mastica nulla. Vincitore su chi? Su tutti i validi sindacalisti che sono fuggiti o che, ancor peggio, sono stati espulsi solo perché non erano “allineati”.
Un nome per tutti, l’indimenticabile Antonio Franco. Vincitore perché? Perché è riuscito a far perdere la rappresentatività nel pubblico impiego e a far rigettare alcune importanti federazioni di categoria nel limbo dei sindacati che firmano i contratti “per adesione” e non per stipula?
Caro Massimo, come vedi non siamo cambiati né io né tu, io possibilista e rinchiuso ora in questo mondo bellissimo dal quale guardo con distacco quello che avviene laggiù e tu, laggiù, grintoso e combattivo come sempre a lottare contro i mulini a vento. Io, negli ultimi anni di vita, mi ritirai lasciando, però, un modello che, anche se non è stato imitato, ha lasciato il segno.
Tu giustamente, dal tuo punto di vista, continui una battaglia Ideale che vista da quassù posso dirti che non serve a nulla se non c’è una presa di coscienza di chi dovrebbe reagire ma non reagisce, quindi, ti direi sempre io, una battaglia inutile. Massimo, teniamoci stretti, in questi nostri due mondi, i nostri ricordi e le nostre nostalgie e continuiamo a condividere l’amore per i Valori del Sindacalismo Rivoluzionario e Nazionale.
Di più non possiamo, e non dobbiamo fare, né io né tu. Un grazie però te lo debbo. Sei stato l’unico che ha voluto e realizzato un intero convegno, nel 2012, dedicato alla mia persona e al mio Pensiero. Non lo ha fatto nessuno in modo così articolato e completo.
Ora, anche se da puro spirito non dovrei, non ti nascondo che a volte la tentazione di “tornare in Confederazione”, per cercare di ricostruire quell’unità che mi sembra smarrita, mi assale ma come ben capirai non dipende da me. Spero solo un domani di vedere, sotto le nuvole del paradiso dove mi hanno messo (anche se sulla terra non ero credente), un Sindacato migliore (e non parlo solo dell’Ugl).
Io ho l’eternità per sperare questo, siete voi, invece, che non avete tempo e dovete lavorare perché questo avvenga. Salutami gli amici… quelli veri, sempre che ancora ce ne siano e che, ancora, conservino il ricordo di ciò che insieme abbiamo fatto.
Ivo Laghi