Vaticano: il “caso Torzi” e l’incredibile sconfitta dei Promotori di Giustizia

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Ha fatto proprio bene Papa Francesco a tagliare i lauti stipendi di cardinali e vescovi. Ora, però, ha un’altra occasione per risparmiare: mandare a casa rapidamente i suoi “promotori di giustizia”(i nostri pubblici ministeri), Milano e Diddi.

Perché la figuraccia che hanno fatto fare al Vaticano sul “caso Torzi”, il finanziere ingiustamente accusato di aver ricattato la Segreteria di Stato sull’acquisto del famoso palazzo di Sloane Avenue, è clamorosa.

Questa volta, invece di dover scomodare il solito “giudice a Berlino”, c’ha pensato un magistrato inglese a rigirare la frittata delle povere eminenze e dei poveri monsignori della Santa Sede, raggirati dal perfido e callido broker (qualificato spregiativamente dai media anche con l’appellativo dal sapore un po’ razzista di “molisano”, tanto per calcare ancora di più la mano). E buon per lui aver trovato gli avvocati Marco Franco e Ambra Giovene, due legali che non si sono mai arresi di fronte alla protervia dei pm d’Oltretevere.

Veniamo ai fatti. Il 5 giugno del 2020, malgrado un interrogatorio-fiume di dieci ore in cui aveva spiegato tutti i retroscena delle operazioni finanziarie per conto della Segreteria di Stato, Torzi era stato arrestato dai “promotori di giustizia” e tenuto in custodia cautelare per 11 giorni in una cella della Gendarmeria vaticana. Le accuse: un paio di peculati, altrettante truffe, estorsione e autoriciclaggio. Quisquilie.

Ora, dal momento che in Vaticano non c’è la necessità di un vaglio giurisdizionale, i magistrati inquirenti possono limitare la libertà personale degli inquisiti senza alcun controllo di un giudice terzo.

Non basta: non è prevista neppure la possibilità di impugnare un provvedimento cautelare. Procedure molto garantiste, come si vede.

Bene, con queste simpatiche premesse, si arriva alla terribile sentenza londinese del giudice Baumgartner, chiamato a pronunciarsi sul sequestro dei beni di Torzi. Il quale, afferma chiaramente che: 1) non ci sono prove della colpevolezza del broker; 2) quanto sostenuto dai promotori non sono neanche astrattamente configurabili come reati; 3) gli ineffabili pm vaticani hanno perfino tratto in inganno il rappresentante dell’accusa inglese, evitando di portare a sua conoscenza quanto indicato dalla difesa di Torzi in sede di interrogatorio e nelle successive memorie.

Già, ma intanto Torzi ha subito dei danni reputazionali difficilmente risarcibili. E i monsignori “traffichini” hanno potuto far credere di essere soltanto delle povere vittime.

Per saperne di più su questa incredibile vicenda e sulle reali responsabilità dei protagonisti vaticani, SASSATE metterà a disposizione la traduzione della sentenza londinese.

Che potrà essere oltretutto illuminante anche per i nostri magistrati per la semplicità dell’esposizione. Niente a che vedere con le contorsioni lessicali che siamo abituati a dover leggere e interpretare quando a scrivere sono i giudici italiani.

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