Africa, l’assalto al Parlamento del Kenya è una tragedia annunciata e la situazione potrebbe peggiorare ancora

Africa, l’assalto al Parlamento del Kenya è una tragedia annunciata e la situazione potrebbe peggiorare ancora

25 giugno 2024

Africa, l’assalto al Parlamento del Kenya è una tragedia annunciata e la situazione potrebbe peggiorare ancora. La legge Finanziaria è solo l’ultimo tassello di un conflitto aperto tra la popolazione e il presidente Ruto, sin dalla sua elezione

Africa, l’assalto al Parlamento del Kenya era prevedibile, il presidente William Ruto, sin dalla sua elezione nel 2022, ha adottato una politica fiscale sempre più restrittiva, che è andata a penalizzare soprattutto le fasce più deboli della popolazione ed è culminata con la contestata legge Finanziaria. Il testo ha da subito scatenato un’ondata di proteste – anche violente – da Mombasa a Nairobi, che si sono ulteriormente infiammate quando il disegno di legge è stato presentato in Parlamento per il dibattito. Dopo lo scoppio della violenza, il governo ha promesso alcune concessioni come ritirare le tasse su pane, olio da cucina, pannolini e altri prodotti locali, ma non è bastato. Tanto che, quasi metà della nazione africana è nel caos e in manifestanti vogliono che Ruto ritiri integralmente il testo. Secondo molti, infatti, il capo dello Stato vuole ridurre il deficit del bilancio nazionale per accontentare il FMI, facendo cassa sui cittadini e proteggendo allo stesso tempo i gruppi di privilegiati. La situazione è estremamente volatile e c’è il rischio concreto che degeneri ulteriormente, come suggeriscono gli scontri in corso tra dimostranti e forze di polizia, che hanno cominciato a sparare non più proiettili di gomma, ma reali pallottole. D’altronde in Kenya la situazione è da tempo una bomba a orologeria. In tutto il Paese africano il costo della vita è letteralmente triplicato in un anno, mentre gli stipendi sono rimasti inalterati. Ciò ha determinato aumenti sensibili dei livelli di criminalità (macro e micro) e di corruzione, che stanno fortemente impattando sia sulla popolazione locale sia sul turismo, unica fonte di reddito per molti cittadini ed essenziale elemento di entrata per le casse dello Stato.

Le proteste potrebbero degenerare ulteriormente e c’è il concreto rischio che i jihadisti di ISCAP ne approfittino

Ulteriore elemento dirompente in Kenya è rappresentato dal fatto che uno degli epicentri delle attuali proteste è proprio Mombasa, principale meta turistica della Nazione. La città, però, ha anche un’altra caratteristica da non sottovalutare: se in Kenya circa il 75% della popolazione è cristiana, a Mombasa il 95% è musulmana e negli ultimi anni si è registrata una islamizzazione di tutta l’area circostante, che arriva fino a Diani al confine con la Tanzania. Non è un caso, infatti, che le madrasse (le scuole coraniche) nella località turistica siano i principali centri di reclutamento dei miliziani pro-ISIS di ISCAP (Islamic State West Africa Province) della regione. I jihadisti solitamente vengono indottrinati a Mombasa. Poi, travestiti da camionisti, passando dall’Uganda vengono portati nella Repubblica Democratica del Congo (RDC/DRC), dove confluiscono nelle fila delle Allied Democratic Forces (ADF). Di conseguenza, non si può escludere che ISCAP non cerchi di sfruttare la situazione per alimentare il panico e il caos, come è sua tradizione. Gli obiettivi sono semplici: da una parte rafforzare il proprio peso e incrementare i reclutamenti (soprattutto tra i giovani, la fascia di popolazione maggiormente protagonista delle proteste odierne); dall’altra, indebolire e distrarre le istituzioni per prendere fiato dalle operazioni anti-terrorismo in corso, soprattutto alle frontiere con la Tanzania, la Somalia e l’Uganda