
Arcuri, sette vite come i gatti: intanto si accontenta di Treccani
Domenico Arcuri è nel gruppo Treccani, partecipato da Invitalia, società posseduta dal Mef, da cui probabilmente è stato “liquidato” con un super pacchetto economico (ci piacerebbe avere nel sito “trasparenza” l’ammontare) in quanto ex direttore generale e amministratore delegato per circa 14 anni, percependo stipendi che hanno sempre dribblato i tetti delle società partecipate (peraltro nel collegio sindacale per un periodo c’era l’attuale ragioniere generale dello stato Mazzotta).
Poi nominato da Conte commissario straordinario per il Covid e in questo ruolo indagato per corruzione, truffa e abuso d’ufficio sulla questione delle mascherine cinesi intermediate da Benotti (poi deceduto) Tomasi e Guidi (quest’ultimo già arrestato a San Marino).
Una commessa da oltre 1,2 mld di euro (denaro pubblico) cui sarebbe stata corrisposta una “commissione” di intermediazione (vietata per legge) di circa 200 mln, con passaggi in parte ricostruiti dalla Gdf in paradisi fiscali vari, ma evidentemente ben celati…
Le accuse di corruzione e truffa sono state archiviate; confermato, invece, con tanto di rinvio a giudizio, l’abuso d’ufficio, reato peraltro in via di depenalizzazione grazie alle ultime riforme del disprezzato governo di centrodestra.
La storia di Arcuri, originario di un paesino calabrese, è piuttosto articolata: da vicende legate alla P2, cui veniva attribuita l’appartenenza del Papà, noto e stimato funzionario di Polizia poi vice questore, all’inserimento da “enfant prodige” nel circuito dell’Iri ai tempi di Prodi, fino ad una successiva certa vicinanza con D’Alema, che è guarda caso il referente storico dell’ex ministro dei Beni culturali Massimo Bray, ora “dominus”, appunto, della Treccani.
Quindi una curiosità: ma la Treccani è una sorta di “riserva indiana” di D’Alema? E quali attività si svolgono e quali stipendi vengono corrisposti a tali alte figure professionali?
LA SASSATA

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